di Carlo Radollovich
L’edificio, ubicato in corso Magenta 24, rappresenta uno degli esempi più noti dell’architettura barocca milanese. Commissionato dal nobile Bartolomeo Arese, già presidente del Senato, il palazzo fu progettato da Francesco Maria Richini, detto Ricchino o anche Righini (1584 – 1658). I relativi lavori vennero avviati tra il 1642 e il 1646, ma Bartolomeo Arese non vide l’opera terminata poiché morì poco tempo dopo.
Essendo egli deceduto senza eredi maschi, il palazzo passò ai Litta-Visconti-Arese dopo non pochi contrasti interni a livello familiare. Un progetto di ampliamento dello stabile venne impostato nel 1752 e tutti i lavori inerenti alla costruzione delle parti finali terminarono soltanto nel 1763 sotto le direttive dell’architetto Bartolomeo Bolli.
Ora spicchiamo un salto in avanti, negli anni in cui Milano era al centro del dominio napoleonico (1796 – 1814). Si narra che la duchessa Barbara Litta, nell’accogliere a palazzo la visita di Napoleone Bonaparte, fosse posseduta da una notevole spinta emotiva. Oltre ai brividi e un certo tremore, non riuscì a trattenere copiose lacrime. Una di queste cadde sul pavimento di una tra più lussuose sale, ossia il Salotto Rosso. Si volle “celebrare” questo avvenimento emotivo incastonando una perla al centro di un fiore eseguito a mosaico.
Visitare palazzo Litta è sicuramente il desiderio di parecchi appassionati. Peccato che la sua apertura ai turisti avvenga assai di rado, solo in occasione di eventi speciali, di norma presegnalati dalla stampa. Colpisce immediatamente l’ampio Scalone d’Onore, a tre rampe, e le splendide vetrate con lo stemma di famiglia. Queste furono messe al sicuro quando scoppiò il Secondo conflitto mondiale, mentre la cupola dell’atrio andò completamente distrutta.
Oltre al già citato Salotto Rosso, sono presenti altre stanze di particolare spicco: vedi ad esempio la Sala degli Specchi e il Salotto della Duchessa. In quest’ultimo si conservano stucchi dorati, artistici lampadari, mobili di pregio e diversi dipinti. Qui si notava una particolare porticina, imboccando la quale si poteva lasciare il palazzo senza essere riconosciuti. Ma ecco un’altra sorpresa: nello stesso salotto, sulla sinistra, si apre un piccolo corridoio, attraversando il quale era possibile ascoltare discorsi e conversazioni dei vari ospiti.