di Stefania Bortolotti
I trattamenti antitumorali che pregiudicano la capacità riproduttiva non sono più un ostacolo insormontabile per diventare madri e padri: le tecniche di crioconservazione dei gameti oggi garantiscono un “futuro fertile” anche ai giovani survivors oncologici, persone in età giovane adulta ancora in grado di programmare una paternità o una maternità dopo l’esperienza del cancro. Una leva psicologica straordinaria per affrontare con fiducia il percorso di cura nella prospettiva di progetti importanti, come quello di una famiglia.
Il messaggio di speranza per migliaia di uomini e donne che sopravvivono al tumore, sempre più numerosi grazie ai progressi nella diagnosi e nella terapia, arriva dal Focus Oncofertilità, evento conclusivo della campagna Futuro Fertile – Figli si nasce, genitori si diventa realizzata in collaborazione tra il Ministero della Salute e Sapienza Università di Roma per promuovere la cultura della prevenzione dell’infertilità. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, una coppia su cinque ha difficoltà a concepire a causa dei numerosi fattori che minacciano l’apparato riproduttivo sessuale maschile e femminile. Attenzione ai fattori di rischio: corretti stili di vita e informazione sono le chiavi per preservare la fertilità. In ambito oncologico, spetta al medico prospettare ai pazienti la possibilità di percorsi specifici di crioconservazione dei gameti prima di iniziare le terapie.
Tre Società Scientifiche ¬− la Società Italiana di Endocrinologia, SIE, la Società Italiana di Oncologia Medica, AIOM, e la Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, SIGO − sono al lavoro per elaborare un documento di consenso (un patto) sulla crioconservazione da proporre alle Istituzioni ed ai pazienti e garantire che questi percorsi siano sicuri e accessibili e abbiano come fulcro banche del seme gestite da una rete di Centri di Oncofertilità in grado di rispondere tempestivamente alle esigenze dei pazienti.
«Il periodo finestra tra il momento in cui il paziente riceve la diagnosi di tumore e l’inizio della terapia è l’unico spazio utile per la crioconservazione dei gameti. I Centri di crioconservazione devono essere vicini all’utenza in modo che la procedura non ritardi l’inizio delle terapie e al tempo stesso qualificati per gestire il processo di crioconservazione, sottoposto a rigide norme di sicurezza per evitare scambi di gameti o possibili inquinamenti da virus, batteri ed altro − afferma Andrea Lenzi, Presidente della Società Italiana di Endocrinologia − il Lazio è avvantaggiato dal momento che con l’accreditamento della banca degli ovociti dell’Istituto Regina Elena di Roma diretta dal professor Enrico Vizza e con la storica banca del seme al Policlinico Umberto I, la prima in Italia, attiva fin dagli anni ’80, nella Regione vi è la possibilità di criocongelare sia gli spermatozoi che gli ovociti».
Ogni giorno in Italia vengono diagnosticati 30 nuovi casi di tumore in pazienti che hanno meno di 40 anni, pari al 3% delle nuove diagnosi di tumore. I giovani pazienti oncologici sono circa 8.000 (5.000 donne e 3.000 uomini). I più comuni tipi di cancro nell’uomo sono il tumore del testicolo, il melanoma, il tumore del colon retto, il linfoma non Hodgkin e i tumori tiroidei; per la donna il carcinoma mammario, i tumori della tiroide, il melanoma, il carcinoma della cervice uterina e del colon retto.
Le terapie antitumorali hanno migliorato in maniera significativa la sopravvivenza dei pazienti con tumore allungando l’orizzonte dell’aspettativa di vita a lungo termine e la possibilità di diventare genitori. Tuttavia i trattamenti antiblastici (chirurgia, chemioterapia, radioterapia e terapie biologiche) sono associati ad un elevato rischio di infertilità temporanea o permanente. Nelle donne, alcuni tipi di chemioterapici, ad esempio quelli che danneggiano il DNA, riducono drasticamente il numero degli ovociti primordiali, intaccando la cosiddetta riserva ovarica.
A causa dello spostamento in avanti dell’età della prima gravidanza, al momento della diagnosi molti pazienti non sono ancora genitori. In Italia la percentuale di gravidanze registrate in donne oltre i 35 anni è passata dal 12% nel 1990 al 16% nel 1996 ed è stato stimato che sarà pari al 25% nel 2025. Ogni anno 5.000 donne nel nostro Paese devono confrontarsi con un tumore quando ancora potrebbero diventare madri.
«L’attenzione alla fertilità va intesa come uno dei bisogni essenziali del paziente oncologico e tutti i metodi per preservarla dovrebbero essere fruibili attraverso il Servizio Sanitario Nazionale – sottolinea Carmine Pinto, Presidente nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica – la progettualità del “dopo il cancro” è motivo di vita e recupero di energie anche durante la malattia. Preservare la funzione ovarica e la fertilità significa non solo poter diventare genitori dopo il tumore, ma anche tutelare la salute della donna, evitando una menopausa precoce con le conseguenze negative e i problemi psico-fisici che questa condizione può comportare nel breve e nel lungo termine».
Nell’uomo la crioconservazione del seme o del tessuto testicolare rappresenta una tecnica che permette di conservare i gameti maschili per un tempo indefinito a -196°C, dopo che il paziente è stato sottoposto ad uno screening infettivologico approfondito. Le principali tecniche di crioconservazione attuate nelle giovani donne che devono sottoporsi a trattamenti antitumorali sono rappresentate dalla crioconservazione degli ovociti o dalla crioconservazione di tessuto ovarico.
«Sono trascorsi 30 anni da quando venne descritta la prima nascita da ovociti crioconservati mediante la tecnica del congelamento lento: la crioconservazione ha mostrato ottimi risultati in termini di sopravvivenza allo scongelamento, fertilizzazione e gravidanza, anche se i tassi di successo variano considerevolmente a seconda della popolazione di pazienti, della qualità degli ovociti e del numero di embrioni trasferiti –osserva Paolo Scollo, Presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia – Fino a oggi non sono state riscontrate differenze significative nei bambini nati da ovociti freschi e da ovociti congelati con tecniche di fecondazione in vitro in termini di variazione del numero dei cromosomi, difetti di nascita o deficit dello sviluppo».
L’elemento fondamentale per avviare il percorso rimane però il counselling e l’informazione al paziente da parte del medico: uno dei punti sui quali sono impegnate le Società Scientifiche riguarda proprio l’importanza di trattare il tema della fertilità nei colloqui che accompagnano la diagnosi. Un tema non sempre affrontato anche se i dati di uno studio tedesco mostrano che dagli anni ’80 al 2004 è in crescita il numero dei pazienti che ricordano di aver ricevuto informazioni, prima del trattamento, su tematiche legate alla fertilità. Anche da questo punto di vista, insomma, il futuro appare sempre più fertile.