E’ cambiato il modo di fare le fotografie. Grazie a strumenti sempre più perfetti, chiunque è in grado di immortalare ogni istante della propria vita con risultati qualitativi eccellenti. Allo stesso tempo, questa semplicità di utilizzo ha favorito un vezzo che è diventato, a poco a poco, una moda: il selfie. Cioè, fotografare se stessi davanti a paesaggi mozzafiato, a opere d’arte, a luoghi di incanto o vicino a personaggi famosi.
E’ stato coniato anche un nuovo termine: selfista, cioè colui che utilizza questo sistema di fotografia. Qualcuno ha cominciato a riflettere su questa abitudine chiedendosi il perché di un tale successo. Roberto Cotroneo, nel suo libro “Lo sguardo rovesciato” Utet, Torino, 11,90 euro, sostiene che il “selfie è frutto di narcisismo gigantesco che ha incontrato la tecnologia per espandersi all’infinito.”
In altri termini, saremo di fronte a un fenomeno di narcisismo di massa, in cui le persone non sono tanto interessate a ritrarre quello che vedono ma esclusivamente se stessi mentre vivono una certa esperienza. Verissimo, ma io credo che entri in gioco anche l’orgoglio di poter “certificare” di essere stato in quel luogo meraviglioso, oppure di aver partecipato a quel concerto di successo o, ancora, di aver incontrato dal vivo un attore, un cantante, un personaggio famoso.
In altri termini abbiamo bisogno di avere da parte degli altri a cui mostriamo le nostre foto la certezza di essere creduti, o, in altri termini, un riconoscimento. Quindi, insieme a un certo indubbio gusto narcisistico c’è anche il crollo della fiducia nei confronti dei nostri simili e di conseguenza il bisogno di essere considerati, creduti, apprezzati.
In una società dove ci sentiamo numeri e non persone questo può accadere. Non c’è nulla di strano. E vero, come dice ancora Cotroneo, che il quadrante del nostro cellulare “si fa specchio e non finestra del mondo” ma ciò non significa che il selfista sia banalmente soddisfatto solo del fatto che lui sia presente nella foto. C’è anche un altro aspetto non secondario.
Le persone hanno sempre più difficoltà a vivere in modo pieno e partecipato le proprie emozioni. Sembra abbiano disimparato a vivere in presa diretta e in modo consapevole il proprio presente, a superare la propria identità per estraniarsi da se stessa e apprezzare l’esperienza che stanno vivendo, sia essa culturale, estetica, affettiva, ecc.
Rivedere il proprio viso, la propria espressione, può aiutarci a capire qual era il nostro stato d’animo di allora. Ma vivere “ex post” è davvero una magra illusione! Comunque, accanto a questa scarsa educazione sentimentale, c’è anche il pericolo di diventare prigionieri del proprio “io”, che purtroppo ragiona solo in termini di passato e futuro e vuole prima di tutto essere gratificato.
Naturalmente, detto questo, continuiamo pure a fare “selfie”. Anche perché chi non l’ha mai fatto scagli il primo cellulare!
Nella foto. Claudio Bisio si fa un selfie con Ugo Perugini, autore dell’articolo.