di Ugo Perugini#
Un libro di fotografie su New York. Sembrerebbe una cosa abbastanza consueta. La Grande Mela si lascia fotografare sempre, indifferente, forse un po’ altezzosa, un po’ come una donna che sa di avere quel sex appeal dinanzi al quale ogni uomo cede. Ma qui Ciro Frank Schiappa, fotografo, alla caccia di immagini inedite, spinto dal desiderio di ritrovare certe atmosfere della scena rock, guarda – insieme a Michele Primi, che ha lavorato con grande sensibilità sulle parole – un po’ sotto le gonne di questa bella donna.
A ritrovare il passato, ma anche a scoprire qualche ruga in più, qualche smagliatura, ormai dimenticata. Il passato, i retroscena, fissati in ricordi che mescolano frammenti di pensieri, canzoni con immagini di luoghi, ormai decisamente cambiati, architetture che hanno fagocitato interi quartieri, ma che, grazie a un taglio di prospettiva originale, sanno riportare alla mente emozioni del passato. Nulla di scontato. Certe volte, questo basta a risvegliare la nostra memoria intorpidita, a darci l’illusione di un mito ricostruito di cui ritroviamo la carica che ci aveva dato allora. Anche se, è giusto dirlo, si cerca di non scivolare, come sarebbe facile, nella retorica.
Il titolo del libro “New York Serenade”, edizioni Skira, è ripreso da una canzone di Bruce Springsteen del 1973. Lui che vedeva la città con gli occhi di un provinciale. Ma, siamo sinceri, tutti siamo un po’ provinciali davanti a New York! I due autori, Schiappa e Primi, hanno girato New York (per due anni e mezzo) per ricostruire qualcosa del suo passato rock. Pia illusione, in una città dove tutto si ricicla in tempi rapidissimi. Eppure, resti ce ne sono. Anche se bisogna scovarli con un po’ di pazienza. Ha ragione Wim Wenders, il grande regista, quando dice che ci sono risorse del presente che “non hanno fatto tempo ad accumulare tempo”.
Ad esempio, i due solerti ricercatori scoprono la prima casa newyorkese di John Lennon, quella dove ha abitato Patty Smith, la boutique in cui Jimi Hendrix passava il suo tempo, l’ex centro di accoglienza per poveri e immigrati nel Lower East Side, il Magazzino che ospitava il Tonic Club, gli ex locali del New York’s Bottom Line, che oggi sono diventati uffici.
Schiappa ha l’occhio giusto per cogliere certi paesaggi urbani, per individuare personaggi originali, in genere gente comune, che caratterizzano la città. E lo fa, come dice il suo maestro Mayerowitz, usando una macchina fotografica d’altri tempi, una Deardorff di legno, da 8×10 pollici, pesante, ingombrante, con un cavalletto di grandi dimensioni, che garantisce però elevata qualità delle immagini ma richiede lunghi tempi di preparazione, ricerca attenta della luce, procedimenti tecnici non semplici (due lastre per ogni soggetto fotografato), ecc.
Perché fotografare deve essere un rito faticoso, che si fa usando la testa, attraverso una progettualità forte e determinata. Come diceva Szarkowshy, i cinque principi del fotografo vero, vanno sempre rispettati. Essi sono intelligenza, immaginazione, intensità, precisione, coerenza. In questo senso, Schiappa ha colto nel segno, senza ricorrere a effetti speciali ma solo ispirandosi a uno sguardo sul mondo “democratico”, aperto, disponibile.
Sempre Szarkowsky diceva che i fotografi sono di due tipi: quello “mirror” e quello “window”. Ciro Frank Schiappa è stato un fotografo “specchio” nella prima parte della sua vita professionale, ora si sente più “finestra” anche se il gusto di riflettere su se stesso e sulle sue idee non lo può certo abbandonare.
New York Serenade. Introduzione di Yoel Mayerowitz.Fotografie di Ciro Frack Schiappa. Testi di Michele Primi. 24×30 cm, 124 pag. 50 colori. Skira Editore, in lingua inglese, € 32,00.