martedì, Novembre 12, 2024
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Milano in o out? I pareri di Latronico e Fini

di Remo Righi*

Tra un po’ bisognerà scegliere il Sindaco tra Parisi e Sala (oppure astenersi se lo riteniamo opportuno), ma, in realtà, ci chiediamo come è diventata Milano i questi ultimi anni. Meglio o peggio? Ci sono idee contrastanti. Basti a questo proposito confrontare i recentissimi interventi di due intellettuali: Massimo Fini, giornalista, e Vicenzo Latronico, scrittore, che si soffermano a valutare quello che viene chiamato il centro direzionale.

Latronico, che pure aveva avuto qualche perplessità sulla Milano dei grattacieli ora la giudica positivamente. Ecco il suo parere: Dall’appartamento che un amico mi presta in questi giorni vedo le torri del bosco verticale, la nuova sede della regione che scherzando chiamavamo “el Formigun”, le spire scintillanti del grattacielo UniCredit, forse meno simili a quelle di New York che a quelle di Nairobi, eppure così belle in questo momento, in lontananza, a maggio, col sole che scende.

Quasi a fargli da contraltare Massimo Fini mostra idee decisamente contrarie: Abito ai margini del nuovo quartiere che ruota intorno a piazza Gae Aulenti molto ammirata per i suoi ‘boschi verticali’ per il cui mantenimento ci vuole una quantità enorme di energia idraulica che potrebbe essere meglio utilizzata altrove. Le mie finestre stanno proprio davanti al ‘grattacielo a banana’, il più alto di Milano (35 piani), il primo di una lunga fila che porta alla piazza. A dire il vero è lui, questo grattacielo che solo un architetto demente poteva ideare, che sta davanti a me, anzi incombe perché per la sua forma sbilenca sembra che possa precipitarmi addosso da un momento all’altro. Prima vedevo le Prealpi e le alpi, la Grigna di manzoniana memoria, il Cervino, il Rosa.”

Latronico pare essere favorevole, con alcuni distinguo all’iniziativa privata che ha permesso tutto questo: l’iniziativa privata a tutti i livelli ha dato alla città di Milano l’energia creativa e la dinamicità culturale che la caratterizzano e che ne hanno reso possibile l’attuale felicissima stagione.

Fini rimpiange una certa Milano del passato: “Milano storicamente è una città di palazzi signorili che vanno dal Settecento alla fine degli anni Trenta o di case alte non più di dieci piani ma soprattutto di case un tempo popolari che stanno anche in quartieri in pieno centro, come il Brera e Garibaldi, oggi ridotti a Disneyland per turisti scemi come quelli che a Parigi vanno a Montparnasse o a Montmartre, al Dome e alla Coupole credendo di trovarvi ancora Sartre, Breton, Max Ernst, Foujita, Van Dongen e tutta quell’allegra compagnia di artisti squattrinati. Anche a Brera, insieme ai ceti popolari, c’erano gli artisti perché gli affitti erano alla portata di tutte le tasche e al Giamaica e alla mitica latteria delle sorelle Pirovini potevi incontrare Dova, Crippa, Fontana, Manzoni. C’era una commistione sociale e intellettuale che rendeva feconda la parte di quella città ora scomparsa.

Milano di domani come sarà. Speriamo meglio di oggi con il contributo del nuovo Sindaco, chiunque esso sia, a condizione che lavori nell’interesse, soprattutto, dei cittadini.

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