sabato, Ottobre 4, 2025

Mielofibrosi

L’AIFA (Agenzia Italiana del farmaco) approva nuova terapia per questa patologia…

…Spesso questa malattia è addirittura asintomatica. In alcuni casi il paziente lamenta stanchezza, un po’ di inappetenza, dolori muscolari e articolari, qualche linea di febbre. E la bilancia gli (o le) dice che è dimagrito. E’ capitato a tutti. La prima cosa a cui si pensa è l’influenza. O si da la colpa all’età. Non certo alla mielofibrosi, un tumore raro e particolarmente aggressivo del sangue che colpisce il midollo osseo, impedendogli di formare correttamente globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Nel nostro Paese colpisce 350 persone all’anno con un’incidenza maggiore tra i 60 e i 70 anni: solo nel 15% ne ha meno di 55.

La disponibilità di una nuova terapia, riapre di fatto la partita con la malattia. Momelotinib è un inibitore orale di JAK recentemente approvato in Italia, che riesce a ridurre i sintomi, le dimensioni della milza ed il carico delle trasfusioni. Da quando ha ripreso il proprio percorso in onco ematologia, GSK ha focalizzato attenzione, cervelli e risorse su tumori che ad oggi non hanno o hanno pochissime soluzioni terapeutiche. L’impegno della ricerca è per questi pazienti. E momelotinib è una prima risposta, in attesa di altre, anche a breve.

La mielofibrosi, patologia considerata rara e difficile nella gestione. può peggiorare più o meno lentamente nell’arco di diversi anni, con modalità variabili a seconda del paziente. In genere la fase iniziale consiste in un danno alla struttura del midollo osseo.  L’ingrossamento della milza, i sintomi costituzionali e l’anemia sono tra le principali manifestazioni della malattia. Solitamente, quando la malattia si manifesta, sono già presenti le alterazioni tipiche: oltre alla fibrosi, tra le altre, l’anemia e l’ingrossamento della milza. In alcuni casi (10-15 su 100) la mielofibrosi può evolvere in una patologia più severa: la leucemia mieloide acuta.

In buona sostanza, la mielofibrosi determina la graduale comparsa nel midollo osseo di un tessuto fibroso che ne sovverte la struttura. In questo modo ne viene modificata la funzionalità, con la conseguente alterazione della produzione delle cellule del sangue. Quando la malattia si manifesta in maniera isolata si parla di mielofibrosi primaria (idiopatica); quando rappresenta la conseguenza di altre neoplasie mieloproliferative, come policitemia vera e trombocitemia essenziale, si parla di mielofibrosi secondaria.

La quotidianità del paziente non è delle più semplici. Negli stadi più avanzati, questa malattia ha un forte impatto sulla qualità di vita. La situazione complessiva può essere aggravata dal fatto che colpisce per lo più gli anziani, persone fragili, che assumono farmaci per altri disturbi cronici e che, rispetto alla popolazione generale, hanno un rischio maggiore di malattie a carico del cuore e dei vasi sanguigni.

Circa il 40% dei pazienti presenta un’anemia da moderata a grave già al momento della diagnosi, ma si stima che quasi tutti ne andranno incontro nel corso del tempo. Questa condizione richiede cure di supporto aggiuntive, in primis le trasfusioni. E, purtroppo, i pazienti che dipendono dalle trasfusioni hanno una prognosi sfavorevole e una sopravvivenza ridotta. Nei casi in cui si riscontri una profonda astenia e o una splenomegalia massiva (ingrossamento della milza), la mielofibrosi può impedire di compiere una serie di attività “normali”: camminare, salire le scale, rifare il letto, fare la doccia, cucinare.

Le terapie. L’unica ad oggi potenzialmente in grado di guarire è il trapianto di midollo, ma è riservato a una piccola percentuale di pazienti, in genere sotto i 70 anni, per via della complessità e dei rischi ad esso associati. Momelotinib rientra nella famiglia dei JAK inibitori e negli studi che hanno portato alla sua approvazione ha dimostrato, rispetto agli altri già utilizzati, di ridurre i sintomi, la splenomegalia e di avere un impatto favorevole sull’anemia, riducendo il carico trasfusionale.

Certo la strada è ancora lunga, ma la medicina procede a tappe. L’importante, lo si diceva all’inizio, è tenere aperta la partita contro il cancro. Un passo alla volta, un pugno alla volta, una ripresa alla volta…

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