lunedì, Dicembre 23, 2024
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MASSIMO DAPPORTO, LADRO DI RAZZA E … DI CUORE

di U. Perugini

Prima al Teatro San Babila della divertente commedia di Gianni Clementi “Ladro di razza” con Massimo Dapporto per la regia di Marco Mattolini

E’ passato da poco l’8 settembre del ’43. C’è una grande confusione in Italia e i Tedeschi che prima erano alleati ora sono diventati nemici. La storia si svolge a Roma. Una Roma cupa, dove c’è il coprifuoco, si gira solo se si ha il “papier”, cioè l’autorizzazione, e invece del caffè si beve er “cicorione”, mentre in piazza Venezia fioriscono gli orti di guerra.

Tito, che vive di furtarelli e raggiri (er “biscotto), esce di prigione e cerca di riprendere la sua attività di ladro. Trova alloggio provvisorio presso Oreste, un amico, un giovane di idee socialiste che vive in una baracca e fa l’operaio alla fornace.

Tito, casualmente, incontra una ricca zitella ebrea, Rachele, frequenta la sua casa e la corteggia nell’intento di derubarla. La donna cede alle sue per quanto goffe avances e gli si concede, provando per la prima volta i piaceri dell’amore. Tito prepara il piano per attuare il furto, coinvolgendo anche Oreste, e somministra alla donna un sonnifero per farla addormentare.

Ma gli eventi incalzano. I Tedeschi, proprio la notte del furto (16 ottobre ’43), stanno facendo una retata per arrestare gli ebrei e deportarli nei lager destinati ai lavori forzati. Mentre Oreste impaurito e pentito abbandona la refurtiva, Tito, che pure si definiva costituzionalmente “un cacasotto e bugiardo”, è coinvolto dai sentimenti autentici che la donna ha mostrato nei suoi confronti e le resta accanto, rassegnandosi a seguirla nel lager. “Voglio vedere se i tedeschi riescono a farmi lavorare, io che non ho mai lavorato in tutta la mia vita!”

Massimo Dapporto naturalmente è Tito, dominatore della scena col suo fare sornione e ammiccante;  Susanna Marcomeni è Rachele, davvero irresistibile nel ritratto della zitella che tra risolini e reticenze, scopre i segreti dell’amore,  e Blas Roca Rey è Oreste, ottima anche la sua prova recitativa. La commedia, scritta da Gianni Clementi con la regia Marco Mattolini,  scorre in modo rapido e piacevole, tra battute e doppi sensi, in un romanesco classico, mai troppo volgare, ricostruendo bene un’epoca lontana e cogliendo con rimpianto la nostalgia per una certa ingenuità perduta.

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