lunedì, Dicembre 23, 2024
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UNA LEGGENDA SU SANT’ARIALDO

di Carlo Radollovich

Anzitutto alcuni cenni storici su questo Santo, nato a Cucciago (Como) nel 1010.

Ancora molto giovane, ottimo canonico, iniziò una vera e propria guerra contro la simonia. Ma volle impegnarsi ancora più a fondo nel combattere certi abusi del clero, fondando addirittura un’associazione, nella quale entrò a far parte, assieme ad altri elementi di spicco, Anselmo da Baggio. Alcuni acerrimi nemici iniziarono a denigrare tale associazione definendola Pataria (nome derivato dal milanese “pattée”, ossia straccivendolo o rigattiere). Sembrerà strano, ma Arialdo volle ben presto identificarsi con questa denominazione e la promosse sempre con orgoglio.

Anselmo da Bggio, dapprima vescovo di Lucca, venne eletto papa nel 1061 con il nome di Alessandro II. Egli volle subito aiutare i suoi compagni patarini, ma contemporaneamente il vescovo Guido li aveva cacciati da Milano. E Arialdo aveva in animo di informare il pontefice sull’accaduto e prese la decisione di mettersi in viaggio verso Roma. Venne però catturato dai suoi nemici, sembra su ordine di Guido, e poi confinato nel castello di Angera, sul Lago Maggiore. Qui subì ogni sorta di torture e di angherie, tanto che nel giugno del 1066 rese l’anima a Dio. Il suo corpo venne buttato nel lago.

Poco dopo, un umile pescatore del luogo stava terminando di tirar fuori dall’acqua le sue reti ricche di pesci, quando decise di adagiarsi sul fondo della propria barca per potersi finalmente concedere un po’ di riposo. Ad un tratto percepì alla sua destra una luce intensissima e poi osservò, verso il centro del lago, una figura d’uomo camminare sull’acqua.

Il pescatore, che aveva conosciuto Arialdo di persona, non ebbe dubbi: era proprio lui. Si confidò poco dopo con alcuni amici e le parole del suo racconto arrivarono sino a Milano. Un gruppo di cittadini, informato della prigionia e della scomparsa di Arialdo, decise di andarlo a rintracciare nei pressi di Angera. Ma le ricerche non diedero alcun frutto. Tuttavia, poco prima di desistere, alcuni notarono una barca senza nessuno a bordo, in balia delle onde.

Riuscirono a raggiungerla quanto prima e, tra mille sorprese, si accorsero che sul fondo della barca stessa giaceva il corpo di Arialdo, intatto, che emanava un intensissimo profumo di rose. Le spoglie vennero portate a Milano (riposano tuttora nel nostro Duomo) e di lì a poco Alessandro II provvide a scomunicare il vescovo Guido, avviando entro breve la canonizzazione di Arialdo.

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