di Carlo Radollovich
Siamo a Milano nell’anno 1242, precisamente nel mese di marzo, giorno 25, nella contrada del Falcone (nei pressi dell’attuale Porta Romana). Le strade tendono qui a restringersi e ad ogni crocicchio sono numerose le persone che giocano d’azzardo, in barba ai diversi editti che lo vietano in modo tassativo.
Diversi giocatori sono attentamente impegnati nella cosiddetta “zara”, assai in voga nel Medioevo. Essi lanciano tre dadi, non prima però di aver chiamato a turno un numero compreso fra 3 e 18. Vince chi, per primo, ottiene il punteggio corrispondente al numero chiamato.
Sono abbastanza numerosi coloro che si infervorano con molta eccitazione durante queste partite, giocate poco lontano dalla chiesa di San Satiro. Uno in particolare, un certo Massazio da Vigonzone, è particolarmente alterato e inviperito per le perdite subite in continuazione: ad un certo punto, egli scatta come una molla verso un’immagine sacra affrescata sul muro vicino, estrae il pugnale dal fodero e vibra un pesante fendente alla Madonna. Secondo altre versioni “ferirebbe” non la Vergine, ma il Bambino e pronuncerebbe bestemmiando la seguente frase: “Toh, prenditi questo”.
Resta il fatto che, tra la grande sorpresa dei testimoni, dall’immagine affrescata inizia a sgorgare un rivolo di sangue. Massazio resta impietrito, il pallore del suo volto si fa più intenso che mai e una sorta di paralisi lo blocca a terra. Molti cercano di tranquillizzarlo, ma egli, dopo essersi ripreso, corre sbavando in cerca di un sacerdote per poter confessare il suo peccato, mentre la gente assiste incredula allo strano fenomeno.
Ottenuta l’assoluzione, le cronache dell’epoca narrano che la sua vita cambia radicalmente: smette di giocare, mostra quotidianamente un comportamento irreprensibile e verrà considerato una persona recuperata del tutto, insomma quasi un sant’uomo.
La notizia del sangue sgorgato dall’immagine giunge all’orecchio del duca Gian Galeazzo Sforza e di sua madre Bona di Savoia. Provvederanno a far staccare dal muro la Madonna con il Bambino (vedi foto) e a riporla nella nuova chiesa di Santa Maria presso San Satiro, oggetto ancora oggi di profonda venerazione.