venerdì, Novembre 8, 2024
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L’arciprete Dateo

Nell’anno 787, sotto il regno di Carlo Magno, il sacerdote milanese Dateo, arciprete presso la chiesa Santa Maria Maggiore, oggi Duomo della nostra città, fondava un “brefotrofio come opera di santa carità cristiana” (così lo definiva), un’istituzione che oggi potremmo chiamare “asilo-orfanotrofio”, il primo aperto in Italia e forse in Europa.

Dateo, proveniente da una ricca famiglia, possedeva ingenti mezzi e il suo animo da sempre si proiettava nel sostenere i più bisognosi. A proposito di questo suo innato sentimento, volle prendersi a cuore, dopo aver visto lungo la strada un povero corpicino abbandonato e morto da alcuni giorni, il sostegno dei neonati rifiutati dalle famiglie.

Gli abbandoni di bimbi erano in quegli anni decisamente numerosi, a volte frutto di relazioni illecite, di paurosi stupri, ma anche provocati da una miseria nera che non consentiva di nutrirli adeguatamente. Casi di morte per freddo e fame se ne contavano parecchi, prima che alcune persone generose potessero accoglierli tra le loro braccia.

L’arciprete ebbe allora un’idea geniale, ancor prima di fondare il brefotrofio. Inventò una sorta di ruota (vedi foto) da posizionare orizzontalmente nel muro di una chiesa, con la possibilità di adagiare il neonato nell’incavo, facendola poi girare all’interno del tempio. Il suono di una piccola campana, al momento dell’abbandono in forma totalmente anonima, avrebbe avvisato un sacerdote, una suora oppure un sagrestano presenti in chiesa.

Dateo notò che la “ruota” ebbe presto il desiderato successo e i neonati salvati, successivamente ospitati presso l’asilo nel frattempo costruito, venivano battezzati e poi registrati con cognomi tipici dei trovatelli, ossia Colombo, Diotallevi, Sperandio e così via.

Accanto al bambino la madre poteva lasciare un oggetto particolare, una piccola sciarpa oppure una medaglietta, che avrebbero funzionato come segno di riconoscimento. Infatti la mamma, in caso di pentimento dell’abbandono, avrebbe potuto riavere in futuro il piccolo grazie a questi “contrassegni” identificativi.

L’arciprete ricevette encomi per l’opera da lui intrapresa e anche ai giorni nostri gli viene riconosciuta tutta la nostra gratitudine.

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