di Ugo Perugini
In un’ala appena restaurata e aperta al pubblico, sarà possibile visitare, al Castello Visconteo di Pavia, fino al 15 novembre, l’ultimo dei sette arazzi conservati al Museo di Capodimonte, quello dove le truppe imperiali vengono sconfitte e per sfuggire ai nemici si gettano nel Ticino. E’ un arazzo importante per Pavia perché la città appare sullo sfondo con il parco, il ponte coperto e le mura del Castello e ci sono voluti anni per poterlo avere in prestito, anche perché nel frattempo tutte le opere erano state sottoposte a un attento restauro conservativo.
Ma torniamo all’inizio. I sette arazzi di grandi dimensioni (40 metri quadrati l’uno) hanno tutti per oggetto la battaglia durata poco più di due ore svoltasi nel 1525 tra le truppe francesi di Francesco I e quelle spagnole di Carlo V. Può sembrare una pazzia. Considerato che per realizzarli le manifatture di Bruxelles, su disegni del pittore Bernard Von Orley, ci impiegarono più tre anni, dal 1528 al 1531.
Questa epica battaglia e il trionfo dell’esercito spagnolo per molti aspetti rappresenta però un episodio che merita una certa enfasi anche perché fa da snodo a un’intera epoca, decreta la fine della cavalleria e, purtroppo per il nostro Paese, l’inizio delle dominazioni straniere, a cominciare proprio dagli Spagnoli.
Altro aspetto curioso. L’esito della battaglia appare a prima vista incredibile: un esercito composto da soldati raccogliticci, scarsamente equipaggiati, poco addestrati, come quello spagnolo, riuscì ad avere la meglio su guerrieri preparati, difesi da robuste armature di ferro quale era la cavalleria francese. Nulla di misterioso: i primi poterono avvalersi di armi da fuoco per l’epoca assolutamente rivoluzionarie, l’archibugio prima di tutte.
Come si fa a dedicare a una battaglia durata due ore sette arazzi larghi oltre 240 metri quadrati? Il fatto è che lo scontro armato viene descritto nei minimi particolari, rivelatisi a un’indagine storiografica attenta, tutti realmente accaduti. Si tratta perciò di una cronaca minuta, staremo per dire, usando le parole dell’esperto militare, Luigi Casali, una cronaca in differita “minuto per minuto” di quanto capitò in quelle convulse ore di combattimenti. Gesti eroici, generosi ma anche vigliaccherie, crudeltà.
L’arazzo esposto a Pavia è davvero una bellezza: lana, seta, oro e argento brillano in modo naturale e caldo. Ci si può sedere davanti per ammirarlo con calma in tutti i particolari. Ma prima di arrivare al manufatto, i visitatori saranno catapultati nel bel mezzo della battaglia. Infatti, la prima parte della mostra è dedicata a una ricostruzione multimediale degli arazzi di Capodimonte con filmati, riproduzioni animate tridimensionali, oltre a musica e suoni realistici: le voci concitate dei soldati, le grida spaventate dei civili, gli scoppi fragorosi degli archibugi. Insomma, una ricostruzione in piena regola di quella nuvolosa mattina del 24 febbraio di quasi 500 anni fa.
Tra tutte queste violenze, vi è comunque un episodio simpatico che anch’esso è rimasto nella storia e riguarda proprio lo sconfitto, quel Francesco I che quando tornerà in patria si dice abbia esclamato: “ Tutto è perduto fuorché l’onore e la vita”. Stanco, deluso, infreddolito, ormai prigioniero, Francesco I venne accompagnato nella povera dimora di una contadina. Si sedette accanto al fuoco e chiese qualcosa da mangiare.
In realtà, la povera donna non aveva molto ma si ingegnò come poteva: prese del brodo vegetale avanzato lo mise a scaldare, prese del pane raffermo, ne fece abbrustolire delle fette, quindi le depose in una scodella e gli ruppe un uovo sopra, mantenendo intatto il tuorlo, poi vi versò sopra il brodo bollente. Aveva inventato la “zuppa pavese” o “zuppa della battaglia”, poi rivisitata in moltissime varianti ma che resta un simbolo di umanità dopo una così terribile carneficina.
Rievocare una battaglia in questi tempi tutt’altro che tranquilli può sembrare stridente. Ma occorre anche avere una visione positiva. L’Europa a quell’epoca era davvero un campo di battaglia oggi, per fortuna, abbiamo la pace, con tutte le sue contraddizioni e i suoi problemi. L’importante è che non perdiamo la speranza e continuiamo la strada verso una maggiore integrazione europea, che non potrà mai essere raggiunta senza il rispetto della persona e l’eguaglianza.
La mostra è stata realizzata con il contributo dell’associazione Pavia Città dei Saperi e della Fondazione Banca del Monte di Lombardia, dei Musei civici, di Villaggio Globale, in collaborazione con il MiBACT, Museo di Capodimonte, l’Università degli studi di Pavia e l’Istituto di scienze della Bulgaria. Questi gli orari di apertura: da martedì alla domenica nei mesi di giugno, settembre, ottobre, novembre dalle 10 alle 18 e nei mesi di luglio e agosto dalle 10 alle 13,30 e dalle 17 alle 20. Prezzo del biglietto 7 euro.