lunedì, Novembre 18, 2024
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LA TRAGICA EPIDEMIA NEGLI ANNI 1835 – 1837

di Carlo Radollovich

Nel 1835, l’epidemia di colera andava tristemente diffondendosi nel sud della Francia e le città di Marsiglia e Nizza lamentavano centinaia di morti, i cui parenti, esasperati, protestavano davanti alle autorità per sollecitare quei validi e risolutivi medicamenti che la medicina di quegli anni non sapeva ancora offrire.

Si lamentarono saccheggi alle farmacie, alcuni medici furono aggrediti e diversi ospedali francesi messi a soqquadro. La popolazione, anche se in modo tutt’altro che corretto, desiderava mettere in evidenza il pesante fardello dei propri lutti.

Dalla Francia il morbo si diffuse ben presto nel Regno di Sardegna per poi penetrare in Liguria e successivamente in Toscana.

All’inizio del 1836, l’epidemia si diffondeva anche in Lombardia, Milano compresa. Come contenere l’irruenza di questo vibrione che non voleva cedere le proprie velenose armi ? I malati si disidratavano, la loro pelle si presentava solcata da parecchie rughe mentre i crampi alle estremità si facevano sempre più dolorosi.

Fortunatamente, non tutti i colpiti dal colera abbandonavano questo mondo, molti però ci lasciavano le penne. In tutta Italia, in quegli anni, si contavano 150 mila morti, di cui 1520 nella sola città di Milano.

I primi interventi dei medici, che prescrivevano ossido di zinco o suggerivano salassi con l’impiego di sanguisughe, si dimostrarono inefficaci.

Ci si rendeva conto come non soltanto l’acqua di superficie si presentasse spesso inquinata, ma addirittura anche quella di falda. Legato ai problemi riguardanti l’acqua, esisteva quello dello smaltimento dei rifiuti. Va detto che molti Comuni delle grandi città, tra cui Milano, davano opportunamente in appalto il servizio di nettezza urbana, ma in parecchi paesini, ove mancava una specifica organizzazione, si registrava un pesante accumulo di immondizia per strada.

I medici, a proposito di colera, venivano suddivisi in due grandi categorie. La prima sosteneva la tesi secondo la quale il morbo si sarebbe sviluppato a seguito della decomposizione di materiale organico (i rifiuti per l’appunto), mentre la seconda affermava come il colera si trasmettesse per contagio tra uomo malato e uomo sano.

In ogni caso, tutte e due le categorie contribuirono a migliorare la situazione: si progredì a smantellare progressivamente gli accumuli di immondizie ai lati delle strade e si contribuì finalmente ad isolare gli ammalati nonché ad istituire i necessari cordoni sanitari.

Trattamento con antibiotici e somministrazione di apposite soluzioni saline per provvedere alla reidratazione dei soggetti saranno realizzati molto più avanti, ma le prime norme igieniche, ricordate più sopra, stavano ad indicare significativi provvedimenti per tentare di contrastare la malattia.

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