di Stefania Bortolotti
L’emergenza pandemica COVID-19 ha messo in evidenza tutte le problematiche e le inefficienze della nostra sanità delle quali non avevamo consapevolezza. Per troppo tempo ci siamo illusi, avvolti nel tepore di una leggenda: quella di avere uno dei migliori sistemi sanitari del mondo.
Ora che la realtà della condizione della nostra sanità si è brutalmente e dolorosamente manifestata, i più concordano sulla necessità di mettere mano con urgenza ad un Sistema Sanitario molto compromesso ma le divergenze sul “come” perdurano pericolosamente.
La rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief (IHPB), entra nel dibattito in corso con un numero speciale dal titolo “Recovery Fund e MES: risorse imperdibili per un nuovo SSN, moderno e sostenibile”, affidato ai contributi e alle riflessioni della prof.ssa Veronica De Romanis – economista, docente alla LUISS e alla Stanford University – oltre che al direttore responsabile della stessa rivista, Stefano Del Missier, anch’egli economista, con numerosi e importanti trascorsi in materia di gestione dei servizi sanitari. Il numero è stato presentato nei giorni scorsi ai lettori e alla stampa nel corso di un webinar cui hanno partecipato anche il sen. Gilberto Pichetto Fratin, Viceministro dello Sviluppo Economico e il prof. Nicola Rossi, economista, docente all’Università di Roma Tor Vergata e attivissimo editorialista.
Particolare attenzione nel numero è stata dedicata alla ingiustificata riluttanza – se non decisa opposizione – di alcune forze politiche rispetto all’uso del MES i cui fondi, secondo le regole UE, possono essere utilizzati non solo per le spese sanitarie dirette ma anche per quelle indirette, consentendo ampi margini di discrezionalità: dalle terapie intensive ai tamponi, dai termo scanner agli stipendi per nuove risorse infermieristiche e tanto altro ancora. Va detto che le supposte pericolose condizionalità e lo stigma internazionale che gli oppositori del MES richiamano frequentemente sono privi di fondamento e “… coloro che rifiutano questo strumento sostenendo, come alternativa, che sarà disponibile il New Generation EU – ha sottolineato la prof.ssa Veronica De Romanis – dimostrano di non aver compreso la differenza tra le risorse che l’Europa mette a disposizione per tamponi e vaccini (quelle del MES) e le risorse per gli investimenti, quelle appunto, del NGEU”.
L’analisi della rivista rivela la genericità dell’approccio seguito dal Governo Conte – che nel Piano Nazionale di Resilienza e Rilancio si limitava ad una elencazione generica di interventi e cose da fare – portando l’attenzione sulla necessità di decisioni tempestive prese nel contesto di logiche sinergiche. Le linee strategiche tracciate dal Presidente Draghi nel suo intervento programmatico in Parlamento vedono, per quanto riguarda la sanità, la convergenza di più progetti – anche di diversi ambiti del New Generation EU – basata sul principio dei co-benefici, cioè la possibilità di impattare simultaneamente più settori, in modo coordinato. Una visione, quella del nuovo Governo, che sollecita un confronto molto ampio intorno alla riforma della nostra sanità che deve poggiare anzitutto sul ridisegno dell’assistenza sul territorio, dotata di una forte rete di servizi.
Una nuova sanità nella quale agli ospedali sono affidate le esigenze sanitarie acute e riabilitative, mentre la casa, grazie soprattutto alla telemedicina e all’assistenza domiciliare integrata, diventa il principale luogo di cura.
“Una visione condivisibile ed entusiasmante, quella del nuovo Governo, che deve però fare i conti con una fin qui inadeguata allocazione delle risorse – rileva Stefano Del Missier – basti pensare, per fare un esempio, che il PNRR del precedente esecutivo assegnava solo l’1,2 per cento della spesa sanitaria pubblica alle tecnologie digitali, quelle voci di spesa così fondamentali per dare concretezza alle linee programmatiche del nuovo Presidente del Consiglio. La pandemia ha stravolto il modo di funzionare della sanità e abbiamo visto quanto sia fondamentale disporre di sistemi informativi che parlino tra loro: lo scambio dei dati è il presupposto irrinunciabile per assicurare la continuità di cura dei pazienti; dobbiamo comprendere che la sanità non è locale e che i dati si devono poter scambiare a distanza, sia nel tempo che nello spazio”.
L’analisi di IHPB mette quindi in evidenza la necessità di una riallocazione più ragionata delle risorse ricordando la disinvoltura con la quale il Governo Conte aveva raddoppiato gli stanziamenti per la sanità da dieci a circa venti miliardi di euro nello spazio di pochi giorni.
“Risorse sufficienti? – si chiede la prof.ssa Veronica De Romanis – Difficile rispondere. Certo è che se si riesce, in poche settimane, a spostare oltre dieci miliardi da un comparto all’altro significa che non sono state stabilite delle priorità. Pertanto, le risorse per la sanità aumentano solo se aumenta il totale. Il metodo di “fissare un ammontare per poi distribuirlo”, non sapendo come lascia perplessi. La suddivisione dei fondi europei dovrebbe seguire la procedura inversa. Ovvero partire da un programma che includa obiettivi e responsabilità. Sia nel medio e lungo termine sia nel breve”.
La sfida che occorre assolutamente vincere per la sanità di domani deve anzitutto poggiare sull’onestà intellettuale di coloro che sono chiamati a decidere che devono avere il coraggio di superare vincoli ideologici e pregiudizi circa l’uso di tutte le risorse finanziarie, concentrandosi sulla necessità di realizzare una vera discontinuità con l’esistente.
Stiamo vivendo una stagione caratterizzata, in tutti i settori, da una straordinaria avanzata dell’innovazione tecnologica che deve assolutamente essere colta dalla sanità, privilegiando settori come l’assistenza primaria, la digitalizzazione, la ricerca, la formazione, l’ammodernamento infrastrutturale e tecnologico. Perché questo sia possibile è indispensabile una sorta di “new deal sanitario” che replichi lo spirito con il quale, in fondo, anche il nuovo Governo è nato.