Forse non tutti ricordano appieno che cosa si intenda per poesia visiva. Si tratta di un mix di sperimentazioni letterarie che erano state effettuate nell’ambito di un movimento sorto negli anni Sessanta e denominato ”Neoavanguardia”.
Ketty La Rocca, nata a La Spezia nel 1938, aveva iniziato nel 1964 con alcune composizioni eseguendo anzitutto dei ”collage” e ricorrendo, in armonia con la poesia visiva, ad alcune particolari figure del linguaggio, utilizzando carta e inchiostro, impronte varie e addirittura la filigrana.
Lei decideva mdi esprimere tutta se stessa evitando accuratamente certe tecniche e gli stili della scena artistica, andando ad occupare spazi volumetricamente assai inferiori che potremmo definire ”interstizi”. L’attività della donna si spingeva con determinazione nell’occupare questi esigui spazi, concedendosi tuttavia qualche ”invasione” nel settore letterario, avvalendosi soprattutto della semiotica e dell’azzeramento delle retoriche.
Ed ecco che nel 1972, in un video muto dal titolo ”Appendice per una supplica” (uno dei primi video d’artista realizzato in Italia), Ketty faceva parlare le proprie mani al posto della voce, mentre in ”Libro amaro” l’artista ricalcava il profilo della propria mano.
In ”Le mie parole e tu ?” , tracciava rigature a china sopra fotografie delle sue mani, anticipando, sotto un certo aspetto, il lavoro già effettuato dall’iraniana Shrin Neshat, donna ben conosciuta anche per certe sue lavorazioni nel cinema e nella fotografia.
Ketty si occupava anche di ”trittici”, decisamente complessi, con al centro, giusto per citare un esempio, Fidel Castro, Marilyn Monroe e una finestra del Palazzo Ricciardi a Firenze. Ogni immagine veniva trasformata in trittico grazie alla fotografia, alla ripresa della sagoma tramite calligrafia e al disegno come impronta.
Insomma, con Ketty ci veniva presentata un’artista d’avanguardia e, tra le immagini più note che lei elaborava, osserviamo ad esempio il ”ready-made” sulla linea adottata dall’artista Marcel Duchamp, autore di opere provocatorie che influenzarono, tra l’altro, l’arte d’avanguardia, arte ripresa da Ketty La Rocca con l’aggiunta di una qualità che soltanto lei, o pochi come lei, sapeva individuare: quella dell’ironia.
Ammalatasi molto seriamente di cancro nel corso del 1975, ci lasciava per sempre nel febbraio dell’anno successivo.