di Carlo Radollovich
Sappiamo che gli stemmi araldici rappresentano molto spesso un’intera famiglia, così come il ben noto Biscione ha raffigurato dapprima i Visconti e susseguentemente gli Sforza. Esiste poi uno stemma denominato semplicemente “impresa”. Ma che significato riveste questa parola quando ci intratteniamo su avvenimenti o semplici episodi medievali?
Si tratta di uno stemma del tutto particolare che rappresenta soltanto una persona oppure un fatto di spicco. L’ “impresa” viene scissa in due specifiche parti: nella prima viene considerato il “corpo” ossia l’immagine che può essere relativa ad una battaglia vinta, ad una conquista considerevole oppure ad un episodio particolarmente importante. Nella seconda si contempla l’ “anima” ovvero un motto relativo ad una frase incisiva, scritta molto spesso in lingua latina.
Nel cortile della Rocchetta, al Castello Sforzesco, si possono osservare diverse “imprese” inserite attorno ad ogni capitello del colonnato. Ne citiamo soltanto alcune.
Ci troviamo ad esempio davanti ad un leone “galeato”, ovvero un leone che indossa l’elmo (dal latino “galea”). Sta ad indicare Galeazzo II Visconti che intende dimostrare di voler celare la propria furia, proprio come la belva, nell’occasione non feroce, che vuole isolarsi, nascondendo le proprie forze sotto l’elmo. Il motto è stato scritto in tedesco antico e cioè “ich off” (io spero) ed esprime l’auspicio dello stesso Galeazzo II di poter ritornare in patria dopo dieci anni di esilio in terra straniera.
Un’ulteriore “impresa”, sinonimo di evidente temperanza, mette in evidenza tre tizzoni ardenti ai quali sono appesi tre secchi d’acqua, come a dire : i bollenti ardori devono essere raffreddati con l’inserimento della ragione.
Molto significative, su altra “impresa”, le due mani che stringono un cuore (vedi foto) e che rappresentano il matrimonio tra Galeazzo Maria Sforza e Bona di Savoia.
Infine, ecco un’ “impresa” adottata da Ludovico il Moro: mostra due fari collocati su due scogli separati da un mare in tempesta. Sotto appare il motto: “Non mi spiace faticare per non perdere il mio tesoro”. Significato: al duca non costava battersi in battaglia perché la sua finalità era quella di difendere con ogni mezzo il potere raggiunto.