di Carlo Radollovich
Quando quel magnifico “ritaglio” di astronomia, il planetario, venne inaugurato il 20 maggio 1930, nessuno avrebbe ipotizzato che, alcuni giorni dopo, venisse donato alla nostra città dall’editore Johannes Ulrich Hoepli.
In tale occasione egli scrisse tra l’altro: “Ho creduto che per la città che studia e lavora intensamente, la conoscenza dell’astronomia potesse costituire (…) la più riposante elevazione spirituale”.
Hoepli si era innamorato di Milano nel 1870, quando rilevò la piccola libreria Theodor Laenger situata in Galleria De Cristoforis. Lui così attaccato alle tradizioni e alla laboriosità della sua Svizzera, negli incontri con la cittadinanza non faceva altro che elogiare i milanesi per il puntiglio e la grande volontà espressa in numerose opere.
Desiderava insomma lasciare un suo monumentale ricordo alla metropoli e quando contattò l’architetto Piero Portaluppi affinché erigesse il planetario, non badò a spese.
Esistevano inizialmente alcuni dubbi relativi alla sua ubicazione poiché si desiderava una costruzione in località abbastanza appartata, ma al tempo stesso non distante dal centro cittadino.
E la scelta cadde su quel tratto dei Giardini di Porta Venezia, ricco di verde, che avrebbe potuto significare un azzeccato inserimento sotto la “protezione” di decine di ippocastani. Non si sa se tali alberi, come allora presupposto, avrebbero smorzato molti rumori.
L’edificio nacque con pianta ottagonale, con una sala di proiezione che sfiora i venti metri di diametro e cupola emisferica in calcestruzzo. All’interno si osservano ancora oggi delicate scie argentee di costellazioni.
Lo strumento che riproduce il firmamento è stato sostituito negli anni scorsi (1968) con un precisissimo proiettore Zeiss modello IV. Peccato che la pandemia ci impedisca oggi di contemplare la visione offerta dal planetario ossia una delicatissima immagine che configura gli astri e i loro movimenti sulla volta celeste.
E noi formuliamo i nostri migliori auspici affinché gli alunni di molte classi possano presto ritornare qui per ammirare uno spettacolo straordinario, una particolare rappresentazione che potrebbe eventualmente indirizzarli, non si sa mai, verso un approfondimento dello studio dell’astronomia.