martedì, Ottobre 22, 2024
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Il dio del massacro al San Babila fino al 20 ottobre

A distanza di quasi vent’anni dalla prima rappresentazione (2006) il lavoro di Yasmina Reza, “Il dio del massacro” mantiene una sua efficace causticità perché rappresenta uno spaccato molto verosimile della nostra società e della nostra vita quotidiana. Fa emergere, in modo grottesco ma realistico, contraddizioni e pregiudizi che pensavamo superati e rimossi e che invece riaffiorano con forza non appena si allentano i freni inibitori del nostro perbenismo borghese.

La storia è nota e da essa è stato anche tratto un film di successo di Roman Polansky intitolato “Carnage” (Carneficina) nel 2011. Due coppie di genitori decidono di incontrarsi per discutere di un episodio che ha avuto per protagonisti i loro due figli coetanei (un ragazzino ha colpito l’altro ferendolo al viso con un bastone) e per trovare una civile soluzione al problema.

Naturalmente l’incontro prenderà tutt’altra piega, degenerando in battibecchi velenosi e situazioni assurde, che faranno emergere posizioni critiche in grado di rimettere in discussione gli stessi valori di convivenza che stanno alla base della nostra società a partire dalla coppia, dalla famiglia, dai figli. Per finire alla struttura della società capitalista con il gretto cinismo dell’avvocato che cerca di insabbiare i comportamenti scorretti della società farmaceutica che difende e la sua ottusa sudditanza psicologica nei confronti del cellulare.

Non solo, nell’esperimento sociologico che sta alla base del lavoro della Reza, le due coppie, cioè  i quattro elementi in gioco, reagendo tra loro, creano amalgami chimici talora inattesi che, ad esempio, portano i maschi a schierarsi contro le femmine, i progressisti contro i conservatori, con un gioco delle parti a volte paradossale ma sempre in una lotta senza esclusione di colpi che altera fino all’esasperazione  gli equilibri psichici dei soggetti coinvolti.

I quattro attori protagonisti della commedia amara della Reza e cioè Michele Cipriani, Arianna Gambaccini, Saba Salvemini, Annika Strøhm, sanno rendere bene il climax ascendente, fino alla implosione finale, del rapporto tra le due coppie. Il duo che forma Areté Ensemble è composto da Annika Strøhm e Saba Salvemini e per questo spettacolo collaborano anche Michele Cipriani e Arianna Gambaccini di CiprianiGambaccini coproducendo e firmando così una regia a quattro. Il compito della regia non è facile perché si basa sul rispetto dei tempi e dei ritmi che permettono la credibilità delle situazioni in gioco.

Un ultimo accenno all’attualità. Questo lavoro, visto oggi, assume un significato diverso da quello che avrebbe avuto solo qualche anno fa. Un accenno all’interno della pièce teatrale però lo fa già presagire: i dubbi sui valori sui quali si fonda l’Occidente e sulla necessità di condividerli.

Recenti studi (da ultimo il saggio di Emmanuel ToddLa sconfitta dell’Occidente”) sembrerebbero confermare che tali valori, dalla religione alle ideologie, si sono dissolti e allo stesso tempo si è dissolto ogni genere di coesione sociale, arrivando così a una condizione di diffuso ed esasperato nichilismo. Se a questi aspetti antropologici, ben evidenziati dal lavoro della Reza, si aggiungono anche aspetti politico-economici ci si può davvero chiedere con l’Autore citato sopra se l’Occidente sia destinato a soccombere.

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