In dialetto milanese, quando un bimbo appare troppo vivace o addirittura monello, si usa spesso dire che è un “ciappin”, ossia un diavoletto. Ma il dizionario Milanese – Italiano (ed. Vallardi) segnala tout court la traduzione “diavolo”, senza altri commenti. E questa nomea, decisamente poco carina, si applicava su persone dal fisico sgraziato. Una di queste, nel 1710, dalle sembianze molto brutte e con il viso totalmente butterato, ma dall’animo buono, si chiamava Vincenzo.
Egli era di professione barcaiolo e trasportava i contadini da Trezzo sull’Adda sino alla riva bergamasca del fiume, e ritorno. Inutile aggiungere che il soprannome, considerato il suo aspetto, era “Ciappin”.
Questo barcaiolo, detto per inciso, ci ricorda di riflesso l’immagine di Renzo ne “I promessi sposi” il quale, facendosi trasportare proprio da Trezzo sino alla sponda veneziana, lanciava il proprio urlo di gioia al barcaiolo con la frase “Terra di San Marco”, felice e contento di lasciarsi alle spalle il territorio milanese, con tutti i guai che aveva dovuto subire.
Ma ritorniamo al nostro Vincenzo / Ciappin, che in cuor suo sapeva purtroppo che il soprannome poteva essere confuso con il “traghettatore d’anime” di dantesca memoria.
Una sera d’estate, conclusa la sua giornata di lavoro, pensò di trattenersi nella più importante osteria di Trezzo per potersi finalmente scolare un paio di bicchieri di vino. Ma trovò la porta del locale completamente chiusa. Inviperito, si mise a bussare in modo più che energico.
Il Ciappin non sapeva che il titolare dell’osteria era in fin di vita, assistito dalla moglie e dal sacerdote che si era recato presso di lui per benedirlo. La moglie, dopo l’ennesimo gran colpo alla porta, si sentì tremare, ma ebbe il coraggio di aprire la finestra per chiedere: “Chi siete ?” Il barcaiolo rispose in milanese: “Sont el Ciappin. Se podaria bev finalment un para de biccer de vin ?”
La moglie cominciò a sudare freddo, convinta che il demonio fosse giunto all’osteria per “prelevare” in realtà l’anima del marito. Ma il sacerdote non si spaventò. Convinto di battere Satana a modo suo, afferrò il secchiello contenente l’acqua santa e, dal davanzale, versò il contenuto sulla testa del malcapitato.
Dopo pochi giorni l’equivoco venne chiarito, ma, per alcuni mesi, i frequentatori dell’osteria chiedevano scherzosamente al nuovo oste se il diavolo avesse già lasciato il locale o se, casualmente, si trovasse ancora all’interno…