Questo minuscolo bruco nasconde una storia affascinante, che sfocerà più avanti nella bachicoltura, perché offrirà la possibilità, non appena giungerà al compimento del bozzolo, di mettere a disposizione dell’uomo quei magici filati che costituirono la fortuna del Ducato di Milano (vedi pregiati tessuti e broccati in seta apprezzati in tutta Europa).
Ma pure semplici contadini, dal Medio Evo in poi, si proponevano di allevare bachi nelle loro case che si nutrivano, e si nutrono anche oggi, delle foglie del gelso. Da notare che essi pregavano ogni giorno tutti i Santi del Paradiso affinché questi piccoli bruchi non fossero preda di epidemie o di altre gravi morie.
In modo particolare, in diverse località della Brianza, si invocava la protezione di San Giobbe, il conosciuto personaggio biblico, considerato il patrono degli allevatori del baco da seta. Ricordiamo brevemente la storia dei bachi.
Non appena dischiuse le uova, essi venivano appoggiati sulle foglie di gelso, foglie che dovevano presentarsi completamente asciutte e pure ben tritate. Solo pochi giorni dopo, ecco giungere la prima “muta” (in totale quattro), alla quale faceva seguito la proverbiale super mangiata di foglie, questa volta non tritate, ma intere.
Arrivava in seguito il momento di collocare sui tavolacci una serie di rametti che formavano il cosiddetto “bosco”, sui quali essi si arrampicavano per cominciare la costruzione del bozzolo entro il quale potersi rinchiudere per poi trasformarsi in farfalla, trasformazione che l’uomo ovviamente non desidera.
Il completamento dei bozzoli gratificava gli allevatori poiché significava poterli vendere tutti e far entrare finalmente un po’ di soldi nelle casse delle famiglie. Ogni Giovedì Santo, allevatori e addetti alla bachicoltura si recavano in Duomo per ringraziare Dio dei buoni risultati ottenuti.