di Carlo Radollovich
Dopo il disastro avvenuto nel marzo 2011 a Fukushima, quando uno spaventoso terremoto della potenza di 9 gradi della scala Richter, e relativo tsunami, provocò ben 18mila vittime e centomila sfollati, ecco riaccendersi nuovamente il nucleare.
In effetti, dopo il tragico avvenimento, il governo giapponese aveva ordinato l’arresto di tutti gli impianti.
Ora, la ripartenza è scattata presso la centrale di Sendai (un solo reattore attivato), località distante più di mille chilometri da Tokyo, considerato che le necessarie misure di sicurezza sono state completate.
Tuttavia, malgrado l’applicazione di precise e severe norme (si sottolineava contemporaneamente che le energie eolica e solare avevano fatto sensibilmente aumentare i costi della bolletta), gran parte dell’opinione pubblica giapponese si dichiarava decisamente contraria all’atomo, paventando la tragica possibilità che gravissimi incidenti come quelli del 2011 possano purtroppo ripetersi.
D’altro canto, le persone di diverso avviso contrattaccavano energicamente, affermando che le energie alternative non soltanto hanno provocato una lievitazione dei costi, ma si è arrivati addirittura ad inquinare l’ambiente facendo uso, in determinate circostanze, dei combustibili fossili.
Il governo giapponese, da parte sua, si sente impegnato a raggiungere, con il nucleare, almeno un quinto del fabbisogno di energia entro i prossimi tredici anni. Del resto, basti pensare che, sino al 2011, l’energia nucleare copriva da sola il 30% del fabbisogno nazionale. In ogni caso, si avvieranno ulteriori, approfondite ricerche per identificare tutte le criticità in caso di violenti scosse sismiche. Si dovranno inoltre assumere opportune difese contro il rischio di malaugurati tsunami, rischio che dovrà essere coperto per ogni impianto in attività. Si ritiene, in sostanza, di poter erigere muri anti-tsunami che possano resistere a onde di dieci metri.