Nasce a Castel di Tora in provincia di Rieti nel 1926. Frequenta il liceo classico e poi si laurea in lettere con il massimo dei voti. Debutta nel 1945 come giornalista presso il quotidiano fiorentino ”Il giornale del mattino”.
Ma la sua popolarità si diffonde grazie alla ”Piccola posta”, quando si trova a capo di due rubriche ospitate su settimanali a fumetti, spesso acquistati da lettrici femminili che si passano le copie tra amiche.
Le lettere di chi scrive e i commenti di Gabriella Parca vengono raccolti nel suo libro-inchiesta “Le italiane si confessano”. Interessante il numero di copie vendute e il successo e‘ assicurato anche in Francia, Germania e Inghilterra per poi proseguire in Argentina, negli Stati Uniti e addirittura in Giappone.
Paolo Milano, critico letterario dell’Espresso, esprime parere favorevole su questo libro, ma una polemica piuttosto aspra viene sollevata dall’Osservatore Romano. La sensibilità di Gabriella viene scossa e lei scriverà: ”Una gragnuola di articoli mi colpivano come sassate perché se da una parte si gridava quasi al miracolo perché una donna aveva dimostrato tanto coraggio nell’affrontare il tabù del sesso, dall’altra mi si accusava di essere una maniaca sessuale”.
Anche Pier Paolo Pasolini critica ”Le italiane si confessano” trovando le lettere pubblicate “estremamente divertenti”, mentre Cesare Zavattini rimane positivamente sorpreso da questo libro, tanto da ricevere ispirazione per il suo nuovo film ”Le italiane e l’amore”.
Nel libro ”I sultani – Mentalità e comportamento del maschio italiano”, la scrittrice raccoglie dati per certi versi impressionanti: l’80 per cento degli intervistati rimpiange le case chiuse e addirittura il 52 per cento si dichiara adultero.
Nel 1969 Gabriella pubblica ”I separati” quando il divorzio non è ancora nato in Italia, mentre più avanti dà alle stampe ”I divorziati”, nel quale evidenzia tutto l’arduo cammino italiano per poter giungere gradualmente all’istituzione del divorzio.
Nel 1972 Gabriella diventa direttrice del rotocalco EFFE, impegnandosi qui caparbiamente a difesa dell’emancipazione femminile. Ma nel 1973, quando la rivista diventa mensile, lei rinuncia alla carica di direttrice per poi passare all’incarico di semplice redattrice senza ricevere alcun compenso.
Ammalatasi nella primavera del 2016, ci lascia per sempre in una clinica milanese all’età di novant’anni.