lunedì, Dicembre 23, 2024
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Falsi e falsari nell’arte. Un avvincente libro di Harry Bellet

di Ugo Perugini —-

Gli studiosi, gli intenditori e i critici d’arte, in genere non sono persone particolarmente simpatiche. Sono considerati presuntuosi, pieni di sé. Quando vengono messe in dubbio le loro capacità professionali, la gente prova sempre un certo piacere. Quasi il gusto di una rivincita indiretta nei confronti di tutti gli artisti falliti, dimenticati ed esclusi per sempre dal novero dei grandi.

E ciò accade soprattutto quando qualche falsario geniale riesce a ingannarli, a prendersi gioco della loro prosopopea, facendo passare i loro “lavori contraffatti” per opere di artisti famosi. E non si tratterebbe di un fenomeno isolato dal momento che un ex direttore del Metropolitan Museum, Thomas Hoving, nel 1997 ha dichiarato che il 40% delle opere esposte nelle sue sale era falso.

Grazie allo snello e curioso libretto di Harry Bellet, studioso d’arte (ha lavorato anche al Centre Pompidou), giornalista e scrittore, entriamo con leggerezza e ironia (il che non guasta!) nel mondo del “falso d’arte”, scoprendo retroscena davvero incredibili con storie appassionanti, tragiche e spassose allo stesso tempo. Perché se molti casi di truffa sono venuti alla luce, bisogna chiedersi anche quanti verosimilmente saranno quelli che non sono stati ancora svelati. E, forse, non lo saranno mai.

Il caso di Camille Corot

Sì, perché il falsario geniale, alla fine, non è quello che viene scoperto, anche se in tal modo smaschera e ridicolizza pubblicamente il critico d’arte o il collezionista che gli ha dato credito, ma quello che la fa franca. Il fatto grave è che in questo modo, si rischia anche di incrinare la reputazione, il reale valore dell’artista, vittima del falsario, fornendo anche una visione deformata della storia dell’arte nel periodo in cui questi è vissuto. Come è capitato a Corot. E’ diventata famosa una battuta che lo riguarda: “Camille Corot avrebbe realizzato 3000 dipinti, dei quali 5000 sono negli Stati Uniti…”

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D’altra parte, è fuor di dubbio che siamo destinati a convivere con i falsi, perché anche se esistono sistemi sempre più sofisticati per scoprire le truffe, grazie alle più recenti scoperte tecnologiche, i falsari, a loro volta, si tengono aggiornati e mettono in atto le relative contromisure, mostrando in ogni caso fantasia, intuito, creatività per confondere le idee a chi cerca di smascherarli.

Tra i falsi più noti del passato, c’è l’editto di Costantino, che non è un’opera d’arte ma il documento  che conferiva ai papi il potere temporale sull’Occidente e venne smascherato solo 500 anni dopo che fu reso noto. Tra le reliquie religiose, l’esempio più eclatante è quello che riguarda il prepuzio di Gesù Cristo, prelevato nel giorno della sua Circoncisione: ne esisterebbero 15 esemplari!

Per quanto riguarda l’arte, lo stesso grande Michelangelo pare sia stato da giovane un falsario, realizzando dei quadri (un Ghirlandaio non riconosciuto nemmeno dall’autore) e un Cupido dormiente, una scultura realizzata sullo stile degli artisti dell’epoca greco-romana. Senza dimenticare la storia incredibile della falsa tiara di Saitaferne, acquisita dal Louvre nel 1896.

Il grande van Meegeren e i suoi Vermeer

I falsari hanno anche i loro meriti come van Meegeren che nel Novecento, copiando Vermeer e divenendone un produttore ”seriale”, si arricchì e soprattutto contribuì ad alimentare la fama di un grande pittore rimasto fino ad allora un po’ in ombra. Questo falsario aveva scoperto trucchi per invecchiare tele e colori, che cuoceva in un forno, creato da lui ad hoc, per dargli la consistenza dello smalto. E, se non bastava, aggiungeva qualche colpo di spatola sulla tela per deformarla, dato che nel tempo (tre secoli) era verosimile che potesse aver subito qualche danno.

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Ma van Meegeren viene ricordato soprattutto per aver truffato anche un personaggio potente come Göring, gerarca nazista, al quale aveva affibbiato un falso Vermeer ma al quale, invece di denaro, aveva richiesto la restituzione delle opere d’arte trafugate dalle SS. Quando venne arrestato, fu costretto a confessare che il Vermeer che aveva venduto al gerarca era un falso da lui realizzato. All’inizio nessuno ci volle credere e allora lui, in prigione, di fronte a testimoni, rifece il Vermeer, dimostrando la sua abilità ed evitando la pena di morte.

 

Altri falsari eccellenti e il grande Beltracchi

Tra i falsari più recenti, si ricordano Fernand Legros, Erich Hebborn, John Miatt (abile nel contraffare i cataloghi), insieme a John Drewe, suo complice, finiti in prigione nel 1996, la famiglia Greenhalgh con il figlio Shaun, noto per aver rifatto il Faune di Gauguin e, si dice, pure il disegno di Leonardo la “Bella Principessa”. Buon ultimo, ma chissà quanti altri ce ne saranno in giro!, anche Wolfgang Beltracchi, nato nel 1951: è stato arrestato con la moglie e condannato a rifondere milioni di euro per i quadri falsi appioppati a “povere” vittime. Ora ha una società di arte a lui intestata a Montpellier.

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Wolfgang Beltracchi

La sua tecnica era simile a quella di Van Meegeren, comprava tele antiche, le raschiava prima di ridipingerle e metteva i suoi quadri in forno, per invecchiarli artificialmente. Usava pigmenti d’epoca, anche se, un giorno, trovandosi a corto di materiale, ricorse a una piccola dose di piombo al titanio. Bastò questo errore a tradirlo.

Visto quanto sopra, non sembra facile per persone mediamente esperte poter riconoscere un falso. Forse, le regole che valgono sono le solite: diffidare di un’opera se non è abbastanza costosa, stare all’erta se la provenienza è sconosciuta, se il dipinto non è documentato e se non è mai apparso prima in una mostra o sul mercato. E poi, sperare nella buona sorte.

 

Il libro “Falsari illustri” di Harry Bellet è pubblicato da Skira, 128 pag., 2019, 19 euro.

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