di Stefania Bortolotti
Intervista a: Fabrizio Pane
Professore, che cosa significa esattamente “ematologia di precisione” e quali vantaggi comporta questo paradigma nella pratica clinica quotidiana?
Il concetto di “ematologia di precisione” deriva dal concetto più ampio di “medicina di precisione” conseguenza di una evoluzione che ha come chiave la messa a punto di farmaci innovativi mirati a specifici bersagli molecolari. Queste terapie sono nate e sono state applicate per la prima volta al trattamento della Leucemia Mieloide Cronica, sulla quale hanno avuto risultati estremamente positivi. È per questo motivo che l’ematologia viene considerata come l’apripista dell’oncologia di precisione. Questa nuova applicazione della medicina si avvale da un lato dei dati ottenuti dalla ricerca di base, dall’altro dei dati estrapolati dalla ricerca traslazionale, che incrociati consentono di gestire la diagnosi, il monitoraggio e la scelta dei farmaci nelle malattie del sangue.
L’ematologia di precisione permette di adoperare in maniera più mirata le metodiche di diagnostica genetico-molecolare e, di conseguenza, costruire terapie farmacologiche dirette al singolo bersaglio melecolare. Le basi di questo approccio hanno iniziato a consolidarsi a metà Anni ’90, epoca in cui vennero identificati alcuni bersagli molecolari nelle neoplasie ematologiche e furono sviluppate di pari passo alcune molecole di sintesi (inibitori delle tirosin-chinasi) che colpivano quei bersagli specifici all’interno della cellula leucemica. Il principale vantaggio dell’ematologia di precisione è l’efficacia dei trattamenti.
Negli ultimi anni si sono resi disponibili farmaci mirati e tecnologie diagnostiche sempre più raffinate per la tipizzazione genetico-molecolare delle malattie del sangue. Quali sono i vantaggi sotto il profilo dell’appropriatezza? Come si è concretizzato questo approccio nel “modello” della Leucemia Mieloide Cronica?
Un altro vantaggio importante di questo innovativo approccio è la possibilità di personalizzare le terapia: un farmaco mirato a un preciso bersaglio di uno specifico tumore. Questo consente non solo una maggiore efficacia terapeutica con ricadute sulla qualità di vita dei pazienti, ma anche, sul versante della farmacoeconomia, una maggiore appropriatezza terapeutica con ricadute sui costi. Non è un caso che il modello sia proprio la Leucemia Mieloide Cronica, la prima malattia del sangue per la quale è stata identificata un’alterazione cromosomica specifica (cromosoma Ph) e, dopo, la proteina alterata sulla quale venne costruito il primo farmaco mirato, imatinib. Oggi siamo alla terza generazione di farmaci ad attività tirosin-chinasica, disegnati sulla struttura della proteina oncogenica e quindi molto maneggevoli, ben tollerati anche per tempi molto lunghi, di anni.
In che misura in Italia il paradigma di ematologia di precisione viene sostenuto e favorito da un network come LabNet che collega laboratori specializzati di diagnostica molecolare e Centri clinici?
LabNet è una rete di laboratori di qualità che si occupa di diagnosi, ma anche di ricerca dei bersagli molecolari alterati. Da questo punto di vista supporta in modo rilevante l’ematologia di precisione: identificare geneticamente le malattie del sangue è molto complesso, richiede tecnologie all’avanguardia, standardizzate e certificate. Quel che contraddistingue LabNet, il suo valore aggiunto, è che si tratta di un servizio che offre a tutti i pazienti, ovunque siano curati nel Paese, di accedere a queste tecnologie di altissimo livello.
Professore, quali sono gli scenari futuri che si apriranno grazie all’ematologia di precisone?
Certamente un progressivo, ulteriore miglioramento della diagnosi delle neoplasie ematologiche che porterà come diretta conseguenza ad avere a disposizione un numero sempre maggiore di farmaci innovativi via via più efficaci e con un impatto migliore sulla qualità di vita dei pazienti. Man mano che procederanno la ricerca di base e la ricerca traslazionale si accumuleranno dati e risultati che potranno essere applicati routinariamente nella pratica clinica.
avanza l’era della personalizzazione e dei “big data”
Terapie target in grado di mirare a precisi bersagli molecolari; tecnologie diagnostiche sofisticate che riconoscono, oltre alla patologia, anche le alterazioni molecolari da colpire; risultati straordinari già ottenuti o a portata di mano per malattie ematologiche complesse e a lungo “orfane” di terapie efficaci, come la Leucemia Mieloide Cronica, la Leucemia Mieloide Acuta e le Malattie Mieloproliferative.
È lo scenario presente e futuro dell’ematologia di precisione, il paradigma che sta rivoluzionando il trattamento delle malattie del sangue e che rappresenta ormai un modello per l’oncologia e tutta la medicina. Al punto da attirare l’interesse del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama che a gennaio ha annunciato la decisione di investire 215 milioni di dollari nella Medicine Precision Initiative. Alcuni dei più importanti ematologi italiani fanno il punto su questa rivoluzione che apre la strada a terapie sempre più mirate sullo specifico tumore e sul singolo paziente.
«L’ematologia di precisione si colloca nel concetto più ampio di “medicina di precisione” e ha come chiave la messa a punto di farmaci innovativi mirati a specifici bersagli molecolari, utilizzati per la prima volta nel trattamento della Leucemia Mieloide Cronica, sulla quale hanno avuto risultati estremamente positivi – afferma Fabrizio Pane Professore Ordinario di Ematologia e Direttore U.O. di Ematologia e Trapianti, Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli Presidente SIE, Società Italiana di Ematologia – il vantaggio fondamentale di questo approccio è rappresentato dalla possibilità di personalizzare le terapia in funzione dello specifico bersaglio molecolare, assicurando maggiore appropriatezza ed efficacia terapeutica, migliore qualità di vita per i pazienti, nonché significativi risparmi».
Il trattamento della Leucemia Mieloide Cronica ha rappresentato, all’inizio degli anni 2000, l’apripista e il primo modello di successo dell’onco-ematologia di precisione: la chiave è stata l’identificazione dell’anomalia genetica (il gene BCR-ABL) all’origine della patologia con la successiva messa a punto di terapie intelligenti o a bersaglio molecolare: il capostipite imatinib e le terapie di seconda e terza generazione, hanno portato alle attuali, elevate percentuali di sopravvivenza con una qualità di vita paragonabile a quella della popolazione generale.
Prossimo obiettivo è arrivare a sospendere il farmaco senza evidenza di ripresa di malattia, premessa della guarigione. Un passaggio non meno rivoluzionario per l’ematologia, al quale in Italia potrà fornire un contributo decisivo LabNet, il network realizzato dal GIMEMA – Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell’Adulto con il supporto di Novartis, che collega i Centri di ematologia e i laboratori di biologia molecolare, con l’obiettivo di dare risposte standardizzate e sicure sulla presenza di cellule anomale residue nei pazienti con risposta molecolare.
«La collaborazione tra medico e biologo è fondamentale nella gestione dei pazienti con LMC, soprattutto perché il riscontro di un valore elevato di BCR-ABL può significare la perdita di risposta alla terapia e la necessità di cambiare tipo di inibitore» afferma Monica Bocchia, Direttore U.O.C. Ematologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Siena. «La Rete LabNet è un esempio di eccellenza nella ricerca e nell’assistenza per il nostro Paese che permette agli ematologi di accedere ad un dato di biologia molecolare affidabile e di identificare e in modo standardizzato e validato la presenza del gene BCR-ABL».
Dopo i risultati ottenuti nella Leucemia Mieloide Cronica, adesso la rete LabNet sarà utilizzata anche nella Leucemia Mieloide Acuta, un’area patologica complessa che comprende un centinaio di patologie diverse con quadri genetici differenti. Già oggi alcune di queste patologie, come la Leucemia Acuta Promielocitica, possono essere trattate con l’ematologia di precisione.
«Per trattare al meglio la Leucemia Mieloide Acuta occorre una diagnosi molecolare appropriata e moderna che permetta di identificare gruppi e sottogruppi di malattie in modo da consentire l’arruolamento nei trial dei pazienti che possano effettivamente beneficiare di farmaci intelligenti – afferma Sergio Amadori, Direttore U.O.C. di Ematologia, Policlinico Tor Vergata di Roma – Da questo punto di vista LabNet, grazie alla condivisione delle informazioni tra i migliori laboratori italiani, potrà fornire un contributo fondamentale al monitoraggio e alla ricerca clinica sulla Leucemia Mieloide Acuta, realizzando un “big data” formidabile da cui estrapolare informazioni preziose per comprendere il significato prognostico delle mutazioni».
Un altro ambito dell’ematologia che beneficia dell’approccio di precisione è quello delle malattie ematologiche rare come le malattie mieloproliferative (mielofibrosi, policitemia vera e trombocitemia essenziale) per le quali fino a oggi mancavano risposte terapeutiche efficaci. Anche per queste patologie la chiave di volta è stata l’identificazione di una serie di mutazioni, identificate negli ultimi anni anche con un’importante contributo della ricerca italiana, che causano un’alterazione di una via biologica detta JAK-STAT.
«In questo momento, dopo tanti anni, sul fronte dei trattamenti delle malattie mieloproliferative c’è gran fermento perché abbiamo iniziato a correlare il significato delle mutazioni e la situazione clinica dei pazienti, sviluppando farmaci in grado di inibire in modo mirato il target mutazionale, come ruxolitinib, inibitore di JAK2, disponibile anche in Italia per il trattamento della mielofibrosi» afferma Tiziano Barbui Direttore Scientifico Fondazione per la Ricerca Ospedale Maggiore, FROM, Bergamo. «Un importante impulso al trattamento delle malattie mieloproliferative del sangue potrebbe arrivare ora dal progetto JAKNET, un network che promuoverà la collaborazione tra numerosi ospedali italiani per offrire pari opportunità nella diagnosi e nella terapia a tutti i pazienti italiani affetti da queste malattie».
La possibilità di mettere in rete centri clinici e laboratori è ancora più importante per malattie rare come quelle mieloproliferative, con pazienti concentrati solo in alcuni centri specializzati. Obiettivo di JAKNET sarà quello di armonizzare i referti, standardizzare l’esame delle mutazioni eseguite dai laboratori e correlare in modo uniforme le mutazioni e l’espressione clinica nei singoli pazienti. Anche da questo progetto scaturirà un data base nazionale che ottimizzerà le procedure diagnostiche e le terapie.
«Il contributo di Novartis alla ricerca nell’ematologia di precisione – ha commentato in conclusione Luigi Boano, General Manager di Novartis Oncology – è stato continuo negli anni: a partire dai farmaci per la leucemia mieloide cronica come imatinib, vero e proprio capostipite dell’approccio mirato alle mutazioni, e proseguito con nilotinib. Di recente si è aggiunto ruxolitinib per la mielofibrosi. Tuttavia, per implementare l’ematologia di precisione nella pratica clinica quotidiana è necessario anche creare reti che assicurino prestazioni diagnostiche di qualità omogenea su tutto il territorio nazionale, accessibili per tutti i pazienti italiani. Senza questo tipo di network l’ematologia di precisione rischia di rimanere solo un ideale, sia per il paziente, sia per la sanità nel suo complesso. Da qui deriva il nostro impegno nel sostenere il progetto LabNet e l’intera comunità ematologica italiana per ottimizzare le cure nella leucemia mieloide cronica e prossimamente anche nella leucemia mieloide acuta e nelle malattie mieloproliferative».