Il brano, degli 11 presenti nel CD, edito da Abeat Records, che dà il titolo all’intera compilation, è “Elevation” che dura solo un minuto. E’ sintomatica questa scelta da parte di Francesco Schepisi perché in questo ridotto spazio di tempo sembra di assistere alla nascita di un’idea, di essere di fronte a una cellula creativa pronta a svilupparsi secondo, come dice lui stesso, “una dinamica che vede cuore e intelletto fondersi”.
Comporre musica, infatti, non vuol dire semplicemente mettere le note su una pagina; significa essere capaci di tradurre le emozioni in suono. Questo processo è tutt’altro che semplice. Richiede una profonda connessione con il proprio stato emotivo, che va inevitabilmente ad attingere alle proprie esperienze personali, alle proprie gioie e alle proprie difficoltà per creare brani che risuonino sia con se stesso che con il pubblico.
Un compositore non può concentrarsi solo sugli aspetti tecnici. In questo caso, produrrà musica tecnicamente impeccabile ma priva della necessaria carica emotiva. Al contrario, chi si affida esclusivamente ai sentimenti può incontrare difficoltà a creare strutture coerenti. Combinare questi due elementi permette a Francesco Schepisi di creare opere che non sono solo intellettualmente stimolanti, ma anche emotivamente coinvolgenti. Che ora può proporre anche come band leader.
Dagli 11 brani del CD (9 sono sue composizioni) ne scaturisce una musica riflessiva, starei per dire mite (non per nulla il titolo del brano 3 è proprio Pensiero mite) mai aggressiva, con salite e discese armoniche, sottolineate dagli interventi alla tromba di Michael Rodriguez e dalle pause meditative che il contrabbasso e basso elettrico di Antonello Losacco scandisce e favorisce.
Con Feeling Unreal (il titolo del brano è un’allusione allo stato mentale nel quale ci si sente distaccati dall’ambiente circostante che viene percepito come irreale), la musica cerca di cogliere questa sensazione avvolgendosi, attorcigliandosi su se stessa un po’ ossessivamente grazie alle ardite “capriole” del sax contralto di Vincenzo Di Gioia, alla ricerca di un ordine nel caos.
Da apprezzare il flauto di Aldo Di Caterino (traccia 6 – La mia terra lontana) che insegue con acribia le note. Il senso di tristezza lo si coglie in pieno nel brano di Steven Wilson “The raven that refused to sing” rivisitato con aderenza da Schepisi. E’ una storia fiabesca con toni di grigio che parla della morte, oltre al senso di solitudine.
Interessante il recupero da parte dell’Autore di una sua composizione realizzata quando aveva appena sedici anni “Nature” che mantiene un indubbio fascino. La traccia 10 “Prelude a kiss”, di Duke Ellington, ci ricorda un vecchio film, in cui il protagonista deve essere rianimato da un bacio.
Vi abbiamo dato solo qualche spunto per entrare nel mondo di un pianista come Francesco Schepisi che continua tramite i tasti del suo pianoforte la ricerca estetica e affettiva del proprio io interiore.
Da non dimenticare il contributo a questa realizzazione di Gianlivio Liberti e Vito Tenzone alla batteria, Samantha Spinazzola, Dario Schepisi alla voce e Giovanni Astorino, al violoncello.
Qui qualche assaggio dei lavori di Schepisi,