di Monica Chiesa
Se non avete mai visto un’operetta vi consiglio d’iniziare da “La Vedova Allegra” di Franz Lehár messa in scena dalla Compagnia Grandi Spettacoli con la regia di Gianni Versino.
Trascorrerete una serata tra il bel canto della soprana Elena D’Angelo nella veste di Anna Glavari e la comicità spontanea di Umberto Scida nella parte di Njegus, segretario pasticcione del barone Zeta.
Il libretto di Victor Leon e Leo Stein, tratto dalla commedia “L’attaché d’ambassade” di Meilhac, dopo essere stato rifiutato, perché definito poco interessante da diversi compositori, finì casualmente nelle mani di Lehàr che ne rimase folgorato, tanto da comporre in pochissimo tempo il brano “Donne, donne, eterni dei”. Il suo inizio incerto, non gli impedì però di diventare ben presto un successo senza precedenti tanto da essere l’operetta in tre atti più prodotta in tutto il mondo.
La Vedova Allegra è stata l’operetta più rappresentata tra le due guerre.
In Italia debuttò in prima nazionale il 7 aprile 1907 al teatro Dal Verme di Milano, nella magica e irripetibile interpretazione di Emma Vecla. Alla cinquecentesima replica era presente Franz Lehàr in persona che, entusiasta, si complimentò con la protagonista dichiarando di non aver mai visto il suo capolavoro interpretato con tanto brio e tanta bravura.
La trama è quanto mai attuale: salvare uno stato dalla possibile crisi economica; la giovane Anna Glavari, vedova del ricchissimo banchiere di corte, arriva a Parigi alla ricerca di un possibile marito, ma se dovesse passare a seconde nozze con un francese, le ricche finanze (un patrimonio stimato circa 100 milioni di franchi) lascerebbero la Banca Nazionale di Pontevedro causandone la rovina economica.
Il barone Zeta è stato incaricato dal suo Sovrano di trovare un marito compatriota per Anna e tra i possibili candidati c’è il conte Danilo Danilowitch, scapolo pontevedrino, con il quale la vedova ha avuto una storia d’amore finita male. I due si incontrano, ma non vogliono ammettere di amarsi ancora.
Durante una festa organizzata da Anna nella sua villa, la moglie del Barone Zeta, Valancienne, cede alle lusinghe di Camillo De Rossillon, un suo assiduo corteggiatore e per salvarla, la bella vedova, con l’aiuto di Njegus si sostituisce a Valancienne nel giardino privato, facendo credere al barone Zeta e ai suoi ospiti di essersi invaghita di Camillo. Questo annuncio lascia tutti sconvolti, Danilo furioso abbandona la festa. Tutto ormai sembra compromesso, e sicuro il disastro finanziario del regno di Pontevedro, ma l’abile Njegus, riesce a sciogliere gli equivoci e a far confessare ad Anna e Danilo il loro reciproco amore, a salvare la patria dal fallimento economico e a ricevere finalmente il suo stipendio.
La sua vivacità musicale e l’immediata godibilità, grazie alle splendidi voci di Tuppo, Cerreto, Hayakawa, di Leo, Versino, Piano, Pagura, Scammacca, Scapolan, Pennacchio, e alla musica dal vivo vi proietteranno in quel mondo fatuo e lontano che è quello della Belle Époque, nel mondo dell’operetta dove tutto si risolve con facilità e nulla si prende realmente sul serio.
Unica nota stonata? Questa sera è l’ultima replica al teatro San Babila, almeno per questa stagione.