di Ugo Perugini
E’ il primo confronto pubblico tra Governo, istituzioni locali, associazioni su un tema “caldo” come quello del gioco d’azzardo. A rappresentare il Governo, il Sottosegretario Baretta, invitato dal capogruppo PD del Senato in Commissione Antimafia, Franco Mirabelli.
Baretta sostiene che tra qualche settimana, probabilmente entro giugno, verrà presentato il decreto legge per varare il testo definitivo sul gioco d’azzardo. Il punto di partenza è la delega fiscale la cui normativa dovrà adeguarsi a un fenomeno che nel frattempo è esploso, invadendo il territorio.
Lo Stato incassa attualmente 8 miliardi sugli 80 annui complessivi raccolti attraverso il solo gioco d’azzardo legale. Se la priorità è quella sociale, occorrerebbe ridimensionare questa cifra se non ridimensionarla. Gli interventi che si prevedono sono diversi: riduzione dell’offerta, attraverso regole e razionalizzazione del settore (ad esempio, numero di slot machine per locale), divieto del gioco ai minori, distanza dai luoghi sensibili, ecc.; lotta all’illegalità: lo Stato dovrà conservare un regime concessionario per poter meglio controllare l’attività di gioco, inoltre, verranno eliminate tutte le macchine con schede interne, sostituite da quelle elettroniche dipendenti da un server centrale; chiusura degli esercizi non autorizzati che si collegano a Internet per giochi d’azzardo.
E’ previsto inoltre un Fondo di 200 milioni di euro per progetti legati al problema del gioco d’azzardo. Compresa la riabilitazione nei casi di dipendenza da gioco.
Sulla pubblicità il governo non ha pregiudizi e potrebbe comportarsi come per il fumo con l’assoluto divieto, ma la legislazione europea è più permissiva e si rischiano ricorsi o sanzioni. Il governo è contrario al fatto che si creino zone a “luci rosse” dedicate al gioco d’azzardo, perché in questi ambiti è più facile che si sviluppi la malavita, la prostituzione, il degrado, ecc.
Il messaggio del governo è comunque chiaro: il gioco d’azzardo va controllato non ridotto.
Negli interventi degli altri interlocutori sono state sollevate critiche o suggerimenti di varia natura. C’è chi ha ricordato che bisogna intervenire seriamente sui problemi legati alla dipendenza da gioco, dovuti anche a una situazione sociale difficile (oltre il 41% delle famiglie non riesce ad arrivare a fine mese) e che colpisce prevalentemente le persone anziane, quattro volte più a rischio delle altre.
C’è chi chiede più incisività negli interventi che riguardino l’orario di apertura, la tessera del giocatore, il divieto di pubblicità, l’innalzamento dell’età minima da 18 a 21 anni. E si sottolinea l’invasività del gioco d’azzardo incontrollato anche nelle nostre case attraverso Internet con gli on line gambling. Si ricorda che negli Stati Uniti il gioco d’azzardo è confinato in zone delimitate e l’home gambling è vietato.
Il decreto tenga conto dei contributi delle istituzioni locali
Il Vice Sindaco di Milano De Cesaris sostiene che gli amministratori locali di alcune città della Lombardia hanno già inviato al governo una lettera con l’intento di collaborare alla stesura della nuova legge. Come sappiamo, nel frattempo, in mancanza di una normativa generale, le istituzioni locali hanno già legiferato per conto proprio al fine di contenere il fenomeno. L’importante è che non succeda come per il job act che le indicazioni fornite dalle varie commissioni, essendo non vincolanti, non vengano poi tenute in alcuna considerazione nelle decisioni finali. De Cesaris ribadisce che la salute dei cittadini non si può barattare con problemi di natura economica. Nessuno vuole una riduzione delle entrate dello Stato da questa attività ma interventi mirati, soprattutto per i giovani, visto che sono le istituzioni locali quelle più a diretto contatto con i problemi dei cittadini. La legge Tremonti che nel 2003 liberalizzò questo settore e che ha causato tale pericolosa deriva, va smontata. Occorrono maggiore prevenzione e maggiori controlli. Ma lo si può fare solo fornendo i necessari strumenti a chi li può applicare sul territorio. E’ giusto che ci sia un dialogo tra enti locali e governo ma i primi devono avere lo stesso peso degli imprenditori e dei portatori di interesse.
Altri tornano sulle devastanti conseguenze sociali del gioco d’azzardo, riconoscendo al governo la responsabilità principale di questa situazione. In Italia si spendono 80 miliardi per il gioco d’azzardo legale (quello in nero potrebbe aggirarsi attorno ad altri 30 miliardi). Pensiamo che le spese annue delle famiglie italiane sono mediamente attorno agli 800 miliardi l’anno. Da molte parti, si chiede di introdurre il reddito sociale garantito ma è probabile che una bella fetta di queste cifre possa finire nella trappola del gioco d’azzardo. Un esempio che tutti conosciamo. Il pensionato ritira la propria pensione alle Poste e, contemporaneamente, sempre negli stessi uffici acquista il “gratta e vinci”.
Restano ancora tante incertezze
Su altri temi le idee spesso sono contrastanti. C’è chi è contrario al rispetto delle distanze da luoghi sensibili e teme che, così facendo, il gioco d’azzardo possa attecchire di più nelle periferie, altri che lo escludono visto che anche in periferia esistono luoghi sensibili nel cui perimetro è vietato aprire sale da gioco. C’è chi insiste perché non si parli più di ludopatia ma di dipendenza patologica dal gioco d’azzardo, anche per favorire eventuali interventi terapeutici. C’è chi si oppone alla tessera del dipendente patologico da gioco sia perché viola la sua privacy sia perché in tal modo si rischia di isolare la persona. Meglio la tessera del giocatore dove siano previsti precisi limiti di gioco, al fine di favorire una certa automoderazione. C’è chi crede che i gestori dei bar possano controllare il gioco, allontanare i minori, ecc., previa adeguata formazione. Chi lo esclude e pensa che sia un compito dell’ente locale. C’è chi non crede che la crisi economica favorisca la dipendenza da gioco, sono altre e più profonde le cause.
Franco Mirabelli, che fa parte della Commissione Antimafia, si sofferma su temi, altrettanto importanti. Nel decreto attuativo della legge delega suggerisce che siano rafforzate tutte le misure di contrasto al riciclaggio del denaro e alle infiltrazioni della criminalità organizzata. In particolare, bisogna garantire la tracciabilità dei capitali investiti nelle case gioco con una attenta verifica e, soprattutto, nei giochi online. Perciò, oltre a garantire l’onorabilità delle persone che aprono società che commercializzano giochi e sale da gioco, anche in questo settore occorre uno strumento utile come si è rivelato quello della certificazione antimafia, al fine di rendere più difficile qualunque infiltrazione della criminalità organizzata.
Si tratta di un argomento davvero delicato e complesso. Al cui interno, è inutile negarlo, vi sono interessi diversi e posizioni contraddittorie e, talora, schizofreniche. Prima di tutto lo Stato biscazziere che non può smettere di fare cassa, che non ha alcuna intenzione di diminuire il gettito previsto da queste attività, anzi, che le vuole incrementare con le entrate fiscali, poi un’industria del gioco sempre più invasiva e raffinata, anche a livello internazionale.
Ma, allora, perché pochi, o nessuno, parla di realizzare una campagna seria di informazione sull’imbroglio dei giochi d’azzardo? Perché non cercare di aiutare la gente a non credere più a queste false illusioni? Ad avere un po’ più di amor proprio per non farsi irretire da assurdi miraggi? Forse perché non conviene a nessuno?