mercoledì, Dicembre 25, 2024
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LA CULTURALE E INDUSTRIOSA VITA DI LUDOVICO IL MORO

di Carlo Radollovich

Ormai prossimo alla quarantina, il duca di Milano, nel 1491, sposò a Mantova la sedicenne Beatrice d’Este anche se, per la verità, egli mirava ad impalmare la sorella Isabella, marchesa di Mantova, che si rivelerà una delle donne più in vista del mondo culturale rinascimentale, ammirata anche per le sue doti di spirito e per il delicato gusto artistico, ma questa era già stata promessa ai Gonzaga, precisamente a Francesco II.

Isabella accompagnò Beatrice, dopo il matrimonio della sorella, sino a Pavia, risalendo il Po su una lussuosa barca e susseguentemente il Ticino. Fu poi ospite di Ludovico e della sorella a Milano e nella nostra città si pose al centro della sfarzosa vita mondana di allora.

Ma non furono soltanto le splendide feste a rendere brillante la vita ambrosiana dell’epoca. Infatti, verso la fine del Quattrocento, Milano godeva di un’apprezzabile stabilità politica e anche di prosperità.

Inutile aggiungere che il matrimonio di Ludovico avvicinò, non solo politicamente, la città di Milano agli Estensi e ai Gonzaga. Il Moro si sentiva profondamente legato ad Isabella e ne è testimone, quando essa ritornò a Mantova, la fitta corrispondenza intessuta tra i due.

Ludovico desiderava soprattutto raccogliere attorno a sé il massimo dei consensi cercando di accantonare il fattaccio dell’usurpazione (ricordiamo l’allontanamento da corte dell’erede legittimo Gian Galeazzo, morto a venticinque anni nel 1494) e non trascurò occasione per ergersi a modello di buon governo, mostrandosi sincero amico delle attività che promuovevano la pace, dichiarandosi soprattutto amante della poesia, della musica e delle arti in generale.

Sono inoltre passate alla storia le sue grandi passioni relative all’agricoltura, dedicandosi alle problematiche delle bonifiche e delle più indovinate forme di irrigazione. Basti pensare che, in occasione delle sue permanenze estive nelle residenze di campagna (vedi Cusago, Bereguardo e Abbiategrasso), dava senz’altro sfogo al suo amore per la caccia, ma si occupava anche a fondo dei problemi agricoli del territorio.

Nel 1494, dopo alcuni anni di duro lavoro dei suoi operai, aprì il canale della Martesana che convogliava su Milano l’acqua fresca dell’Adda. Poi inaugurò un canale derivato dal Ticino, battezzato “Canale Sforzesco” per irrigare le terre del vigevanese.

Ed ecco due sue importanti novità agricole: introdusse la coltura del gelso e del riso.

Assunse personale esperto dal Veneto affinché i contadini lombardi apprendessero il mestiere dell’allevamento del baco, mentre a Villanova, in Lomellina, salutò con orgoglio il primo raccolto di riso.

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