di R. Righi
Dopo i dati che sono arrivati dal Censis (ne avevamo accennato anche noi) sul crescente numero di rapine, scippi, estorsioni e furti, il governo pare che si sia finalmente deciso a fare qualcosa.
Sembra che sarà presentato un emendamento da inserire nella riforma del processo penale per inasprire le pene. I furti, dall’attuale soglia che prevede da uno a sei anni di reclusione, dovrebbero passare da due a otto anni. Così pure per le rapine per le quali il limite minimo passa da tre a quattro anni.
Tutto bene. Ma il punto non è questo. Come ha detto Zaia, il Governatore del Veneto, qualche giorno fa, se è giusto aumentare le pene, occorre però, prima di tutto, che nel nostro Paese vi sia la certezza che la pena venga scontata. Insomma, chi delinque deve sapere che non la può passare liscia, non se la può cavare senza nemmeno un giorno di galera, come capita usualmente.
Anche il Ministro Orlando sembra aver capito l’antifona, tanto che il suo vice Enrico Costa afferma che bisogna prima di tutto “interrompere la spirale degli sconti di pena, del bilanciamento tra aggravanti e attenuanti, della sospensione condizionale”, cioè di tutti quei sistemi che alla fine impediscono al delinquente di finire in galera.
Ma, ammesso anche che ciò avvenga e, cioè, che le pene aumentino e soprattutto vengano applicate nel modo giusto, questo rappresenterà un deterrente per i delinquenti? Non è detto, assolutamente. Occorre che il Ministro degli interni eviti altri tagli alle Forze dell’Ordine che recentemente si sono abbattuti su organici, mezzi e strutture e rendono difficile il compito di chi deve difendere la nostra sicurezza. Al contrario sarà necessario investire di più, senza peraltro che si arrivi a uno Stato di polizia. L’investimento in sicurezza deve essere considerato un compito primario in uno Stato libero e democratico.
Ma la sicurezza, chissà perché, è uno di quei temi che non si riesce ad affrontare in modo equilibrato. O si assiste al “buonismo” esagerato di una certa sinistra o si cavalca il fenomeno per le cosiddette guerre tra poveri, con atteggiamenti meramente razzistici o xenofobi o invocando una “giustizia fai da te”. Non è possibile. Occorre che sia lo Stato a farsi carico di tutelare tutti i cittadini onesti da coloro che non lo sono e assicurare questi ultimi alla giustizia quando vengano arrestati.