di Antonio Barbalinardo
L’anno scorso, in questo periodo, scoprimmo l’esistenza del Covid-19.
E poi una sera, quella del 23 febbraio, ci ritrovammo costretti a cambiare il nostro stile di vita per difenderci da questo particolare ed ignoto nemico.
Ognuno di noi ha vissuto questa pandemia in modo diverso: c’è chi l’ha provata sulla propria pelle e chi l’ha vissuta indirettamente avendo un parente, un amico, un vicino di casa o un collega contagiato dal virus. È impossibile, però, entrare nel merito di tutto ciò che abbiamo vissuto da febbraio 2020 ad oggi perché dovremmo riempire pagine e pagine di resoconti per descrivere gli avvenimenti accaduti prima in Cina, poi nel nostro Paese e, infine, nel resto del mondo.
In Italia abbiamo vissuto due fasi importanti della pandemia: la prima, più rigorosa e rispettosa con file ordinate fuori dai supermercati, il traffico ridotto per le strade e quel clima un po’ goliardico vissuto sui balconi di casa dove ci siamo scoperti più amichevoli verso i nostri dirimpettai e abbiamo cercato di scongiurare questo virus invisibile al grido di “andrà tutto bene”.
In quei mesi sono tante le parole o gli acronimi entrati nel nostro linguaggio comune: da DPCM (decreto presidenza del consiglio dei ministri) a DAD (didattica a distanza), passando per lockdown, mascherina, gel igienizzante, pandemia e smartworking e AIFA (agenzia italiana del farmaco).
Oltre a tutte queste parole, nel nostro quotidiano, sono entrati a far parte anche i nomi, e i volti, delle innumerevoli personalità istituzionali del mondo accademico, scientifico e sanitario nonché i diversi esperti epidemiologici che tutti i giorni vedevamo presenti nei diversi talk show televisivi – talmente tanti che, ironicamente, si diceva potessero essere degni di una raccolta di “Figurine Panini”.
Nella seconda fase iniziata a settembre, invece, tra la media giornaliera di 500 morti, il repentino cambio di “colore” tra zona rossa, arancione e gialla e le limitazioni, ci siamo scoraggiati – forse quasi abituati – al convivere con la pandemia e abbiamo smesso di ballare e cantare alla finestra.
Man mano che il tempo passava, purtroppo, abbiamo visto come questo virus non avesse effetti solo sulla salute delle persone ma anche risvolti economici gravi che hanno portato alla chiusura di tante attività lavorative e produttive.
Ora speriamo, invece, che questo 2021 possa essere un anno migliore grazie alla campagna vaccinale che ci auguriamo ci permetta di arrivare quanto prima alla cosiddetta “immunità di gregge” e interrompere il contagio.
In Lombardia proseguono – anche se con qualche rallentamento per problemi di fornitura in tutta Italia – le vaccinazioni rivolte a medici, operatori sanitari e alle categorie dei settori di “prima utilità pubblica” e dal 24 febbraio, se tutto procederà come annunciato dalla Regione, si passerà a vaccinare la popolazione over 80.
Desidero però ricordare a ognuno di noi che, nonostante la somministrazione del vaccino, occorrerà restare molto prudenti e attenti alle disposizioni indicate nei DPCM per riuscire insieme a sconfiggere il Covid-19.
