martedì, Dicembre 24, 2024
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Come possiamo superare un trauma? La Giustizia da sola non basta per guarire

di Stefania Bortolotti

A questa difficile domanda e a tante altre legate a quanto successo a Genova un mese fa, risponde Adriano Formoso, psicoterapeuta di gruppo che ha lavorato nell’ambito dell’emergenza aiutando sopravvissuti a naufragi, disastri aerei e gravi incidenti stradali.

Adriano Formoso, psicoterapeuta
Adriano Formoso, psicoterapeuta

Qual è il suo pensiero per tutti coloro che si sentono toccati da questa tragedia?

Il primo pensiero è quello di sentirmi vicino a chi è stato coinvolto direttamente nella tragedia con la mia più profonda comprensione: una valanga, un terremoto, un vulcano che erutta sulle abitazioni o qualsiasi altro evento o calamità naturale la si può accettare, un ponte che ti cade davanti e che ti cade addosso è impensabile, è qualcosa di difficile da elaborare. Non ci sono parole né pensieri per chi è direttamente coinvolto in questa tragedia, dobbiamo solo imparare a convivere con l’esperienza della sofferenza. La vita è un’esperienza ricca di momenti felici, ma drammaticamente caratterizzata dalla sofferenza. Non esiste un individuo sulla terra che non abbia visto morire una persona a cui ha voluto bene. Il dramma della morte è l’aspetto più incisivo dell’esperienza umana, quando poi è prematura, inattesa e dovuta all’incapacità di proteggere la vita nostra e degli altri è anche momento di riflessione e di crescita psicosociale. Noi dobbiamo sempre apprendere dall’esperienza. Per ogni progresso della civiltà si sono perse molte vite umane.

Quanto è importante l’intervento psicologico in questo caso?

Ritengo che l’intervento psicologico sia importantissimo già dai primi soccorsi. Abbiamo tutti bisogno di un aiuto psicologico per uscirne al meglio da un’angoscia così grave caratterizzata da intersecamenti di sentimenti di sofferenza quali la rabbia e il senso di precarietà della nostra esistenza.

Il dolore psicologico ha meccanismi di conversione sul corpo dando origine a gravi malattie, ecco perché è fondamentale in situazioni di traumi e sofferenze psicologiche tale intervento. Ho proposto da tempo e in varie sedi istituzionali la presenza dello psicologo a bordo delle ambulanze per aiutare lo stato psicologico di chi è sottoposto ad un trauma.

Qual è la prima cosa da fare?

Innanzitutto è riconoscere e accettare il proprio senso di rabbia e di impotenza che è del tutto umano e legittimo, senza tenere tutto dentro, ma parlarne per evitare che gli incubi proseguano nel tempo. Chi ha visto il ponte crollare e chi ha perso i propri familiari in questa tragedia, continuerà a rivivere questa realtà giorno dopo giorno e, per molti mesi, rivivrà questa realtà sia a occhi aperti che nei sogni. Condividere l’angoscia aiuta a superare il dolore. Penso che chiunque sia stato colpito dalla tragedia del 14 agosto, ma anche molti dei miei pazienti manifesteranno ansia e terrore nel dover attraversare altri ponti autostradali, soprattutto se costruiti più di mezzo secolo fa e non adeguatamente controllati e regolarizzati. Dobbiamo tutti affrontare questo trauma di massa a partire dalle nostre famiglie, parlandone con i gruppi delle persone che rappresentano i nostri affetti oltre ad ascoltare il parere e i consigli degli esperti. È fondamentale che tutti noi impariamo ad accogliere la sofferenza e le nostre emozioni reciprocamente

Spesso la reazione dell’opinione pubblica è quella di individuare un colpevole. Ma basta la Giustizia per superare traumi di questo genere?

Assolutamente no. Spesso la reazione dell’opinione pubblica nel cercare subito di attribuire la responsabilità a qualcuno, per quanto umana, rappresenta il difendersi da un possibile senso di colpa e d’impotenza cercando un mostro e dei colpevoli.

È fondamentale che tutti sappiano accogliere la propria sofferenza e le proprie emozioni. Non basta avere giustizia davanti a queste tragedie per poterle elaborare. Anche se possiamo immaginare di stare meglio davanti al riconoscimento dei colpevoli (premesso i tempi che della giustizia) questo non ci aiuterà più di tanto. Se ipotizziamo di stare meglio attraverso l’individuazione dei colpevoli non facciamo altro che aumentare la nostra angoscia e la nostra rabbia. Questo non ci permette di elaborare il lutto anche in questa occasione in cui il trauma che tutti noi italiani e forse anche altre persone sensibili nel resto del mondo stiano vivendo.

Oltre all’angoscia del lutto, perché esprimiamo spesso sensi di colpa davanti alle tragedie come questa?

È come se il nostro inconscio ci dicesse…“Prima che succedesse la tragedia tu potevi intervenire, potevi prevenire, non sei stato lungimirante, non hai anticipato la tragedia e ti sei comportato come chi doveva intervenire per tempo e non lo ha fatto ….”

Sappiamo bene che questi pensieri non sono razionali e possono essere considerati assurdi ma, il nostro inconscio, non si lascia condizionare dalla razionalità e ci fa arrivare quello che genera autonomamente. Così quando succede una tragedia agli altri potremmo incorrere in sentimenti di angoscia e colpa anche per quel che ci propina il nostro inconscio e cercare di difenderci da questi meccanismi del profondo sviluppando l’appetito alla ricerca del colpevole. Questo però non ci permette di superare il trauma e spesso lo aggrava ancor di più quando viene individuato il colpevole perché si prende atto che tra umani non siamo solidali come altre popolazioni di mammiferi viventi e non siamo in grado di amarci e rispettarci come dovremmo e come io vorrei che accadesse.

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