di Ugo Perugini
Incontro con Dacia Maraini autrice del libro “Chiara d’Assisi, elogio della disobbedienza”, Rizzoli editore, 17,50 euro.
Dacia Maraini, lo sappiamo tutti, è una scrittrice molto sensibile ai temi sociali e ai problemi dell’infanzia e delle donne. Il suo ultimo libro riguarda Chiara d’Assisi, una figura del 1200, che potrebbe sembrare molto lontana da questi suoi interessi.
No. In realtà, mi hanno sempre affascinato le figure delle mistiche, ho scritto un testo teatrale su Inés de la Cruz e un libro su Caterina da Siena. Pur essendo laica, ho sempre avuto una particolare attenzione nei confronti della visionarietà e del coraggio dimostrato da certe donne. Nella letteratura italiana degli inizi vi sono molte donne mistiche che scrivono e raccontano il loro rapporto col divino in un volgare molto vicino al latino ma non vengono quasi mai citate. Forse per una sorta di censura su di loro da parte della Chiesa, visto che in certi casi le loro opere contengono elementi molto sensuali, perché parlano del loro rapporto con il Cristo come quello con un futuro sposo di cui sono innamorate. Ma anche i letterati non ne hanno mai parlato molto considerandole un fenomeno minore.
Come è nata l’idea di parlare di Chiara d’Assisi? Lei nel suo libro fa riferimento a una ragazza che le scrive per chiederle di affrontare questo argomento. E’ un escamotage letterario? Cosa c’è di vero?
E’ vero che una ragazza siciliana mi ha scritto invitandomi ad affrontare il personaggio di Chiara D’Assisi. Poi lo scambio epistolare si è improvvisamente interrotto ma il mio interesse verso questa santa è andato crescendo. Mi interessava anche l’analogia tra le vite di santa Chiara e san Francesco d’Assisi. Entrambi provenivano da famiglie benestanti. La madre di Chiara aveva viaggiato molto, il che per quei tempi era una cosa molto rara. Anche la madre di Francesco, di origine francese, possedeva una cultura provenzale che per l’epoca era all’avanguardia. Tra i principi di questa cultura, vi era l’idea cavalleresca, quindi, la lealtà nei comportamenti, il rispetto per gli avversari, il riguardo per la donna, che, invece, veniva trattata alla stregua di un animale.
Quindi per l’educazione di Chiara e Francesco le madri furono molto importanti?
Sì, ma naturalmente per Francesco contò anche il ruolo del padre che era un ricco commerciante, il quale denunciò il figlio per avergli sottratto del denaro. Nel processo pubblico, in piazza ad Assisi, Francesco confessò il furto dicendo che aveva dato il denaro ai poveri e che non intendeva restituirglielo, interrompendo qualsiasi rapporto con lui, denudandosi e rinunciando così ad ogni bene terreno. Altra storia bellissima che riguarda Francesco è quella della sua visita al Sultano per cercare di convincerlo a non combattere. Forse, ci sarebbe riuscito se non fossero arrivati i cavalieri delle Crociate. Francesco incarnava la Chiesa del dialogo, della comprensione, gli altri la Chiesa della conquista e della violenza.
Che rapporti c’erano tra Chiara e Francesco? Qualcuno parla di amicizia se non di amore.
E’ assolutamente falso. A quell’epoca non contava l’amore fisico, contavano le idee. Il corpo era un “non detto”, non aveva voce in capitolo. Chiara ha sentito di doversi avvicinare a Francesco per una fortissima affinità spirituale. La scelta della monacazione e il voto di povertà significava adattarsi a vivere una vita terribile, con frequenti digiuni, sacrifici, rinunciando a tutto, dormendo per terra con un cuscino di pietra. Il corpo in quelle condizioni non presta attenzione al piacere.
Che tipo di ricerche ha fatto per ricostruire la storia di Chiara?
Naturalmente ho letto tutto quanto c’era da leggere sul tema e sono andata anche ad Assisi per parlare con alcune monache clarisse. Però, la scoperta più importante è stato un volumetto, edito da una piccola casa editrice, che riunisce tutte le testimonianze delle monache che vissero insieme a Chiara, scritto due anni dopo la sua morte. Una semplice ma efficace ricostruzione della vita quotidiana all’interno del monastero e delle qualità e dei miracoli di Chiara.
La scelta della povertà da parte di Santa Chiara è stata una decisione difficile?
Sì perché la Chiesa era contraria. Grazie al denaro la Chiesa poteva controllare la vita nei conventi e orientare meglio certe scelte politiche. Rifiutare il denaro era un gesto grave di disubbidienza. Ben tre Papi andarono da lei per convincerla a rinunciare ma non fu possibile farle cambiare idea. Uno dei motivi fu che nel frattempo Chiara era diventata popolarissima ed era molto amata dalla gente non solo in Italia ma anche oltre le Alpi. La Chiesa non poteva imporle una scelta né accusarla di eresia.
Ma nei conventi Chiara aveva introdotte altre regole rivoluzionarie?
Sì. In genere, nei conventi si replicava la struttura sociale che esisteva all’esterno. In alto, c’erano le suore provenienti da famiglie ricche che avevano tutti i privilegi e in fondo stavano le più povere trattate come schiave. La regola che introdusse Chiara fu drastica: le suore devono essere tutte uguali. Insomma, introdusse la democrazia nei conventi. Poi non interveniva mai con le punizioni, come invece capitava in altri monasteri, ma prendeva da parte la suora che aveva sbagliato e parlava con lei finché non la convinceva.
Lei nel sottotitolo del suo libro parla di disobbedienza di Chiara. Cosa intende di preciso?
Intendo la disobbedienza come quella classica che muove Antigone contro Creonte. Ricorderete che la donna diede degna sepoltura al corpo del fratello Polinice anche se un bando ne aveva deciso l’abbandono ai cani. La disobbedienza è il voler far prevalere la legge della pietà sulla legge della città. Anche Chiara rischia con il suo comportamento di essere considerata eretica, ma la sua opposizione avviene attraverso la dolcezza e l’umiltà sempre restando all’interno della Chiesa, al contrario di ciò che faranno albigesi e catari che alla fine saranno eliminati fisicamente.
Chiara viene vista da lei come un esempio di donna libera. In che senso dà questa valutazione?
La libertà non è quella di fare i propri comodi. La libertà è un rapporto armonioso che deve tenere conto della libertà degli altri. La libertà è stare nelle regole, è un fatto collettivo. Non esiste libertà dell’individuo in assoluto. Questo è nazismo. Ricordiamo Dostojevski nella sua famosa opera “Delitto e castigo”: il protagonista uccide la vecchia che è un’usuraia con l’idea che eliminare chi fa del male sia giusto. Non lo è, perché non è giusto uccidere. Esistono principi civili che Chiara difende in anticipo sui tempi e ciò la rende una donna molto moderna.
Anche sulla questione femminile, quindi, Chiara ha qualcosa da dire?
Certo. Chiara, come abbiamo visto, modificò le regole all’interno dei conventi che erano tutte impostate sull’uomo. Certo, avrebbe voluto fare di più. Era convinta che anche le donne potessero predicare il Vangelo. Ma poi la Chiesa introdusse per i conventi femminili la regola della clausura per impedirlo. La caratteristica misoginia della Chiesa. Chiara, comunque, ebbe modo di far conoscere egualmente le sue qualità. Fece dei miracoli, guarì delle persone, senza mai pretendere nulla in cambio.
Anche la idea di povertà estrema è una scelta molto rivoluzionaria e moderna?
Oggi, noi tutti, siamo presi dalla nevrosi del possesso e del consumo. Da Chiara ci arriva un messaggio di liberazione: rifiutare la cultura del possesso. L’essere umano è sacro indipendentemente da quello che ha. Questo significa distruggere anche il significato della schiavitù come istituzione, in un’epoca dove le persone più deboli e povere, tra cui le donne, erano spesso trattate come proprietà, da vendere, sfruttare, uccidere senza alcuna pietà. Una donna, Chiara, che ha mostrato quanta forza ci sia nelle idee di Cristo, al di là di certe posizioni della Chiesa ufficiale, e che resta un grande esempio per tutti.