di Ugo Perugini
La rivoluzione della macchia nasce al Caffè Michelangelo di Firenze
Siamo attorno al 1850. Mancano ancora diversi anni e diverse vicende drammatiche prima che nel nostro Paese si compia l’unità. Firenze è una città nella quale si può vivere abbastanza tranquillamente. Il Granduca Leopoldo non fa politiche repressive come in altre regioni.
E il Caffè Michelangelo, in via Larga, è il luogo ideale per riunire intellettuali provenienti da diverse parti d’Italia. Un luogo in cui si può scherzare, ridere ma anche discutere, sia di problemi legati alla liberazione della patria dagli oppressori stranieri, sia di quelli relativi a una nuova concezione dell’espressione pittorica.
Queste in sostanza le due rivoluzioni. La prima vede protagonisti i pittori soldato che vogliono farsi interpreti dei nuovi ideali mazziniani, rifiutando un certo atteggiamento enfatico, alla Induno, tanto per intenderci, orientandosi verso soggetti più intimi, scene più vere in cui il popolo possa riconoscersi, secondo i dettami mazziniani. Giovanni Fattori non era un soldato ma nei suoi quadri racconta il “dietro le quinte” della battaglia, cerca di far emergere la crudeltà della guerra, senza trionfalismi e con uno sguardo attento ai più umili.
Quello che dà fastidio a questi giovani ed esuberanti artisti, poi, è l’accademismo. Quel modo di fare pittura troppo pomposo, aulico, declamatorio. Loro ricercano una verità altra, più diretta da far scaturire attraverso opere dal vero, che colgano gli effetti di luce e i contrasti cromatici in un accostamento di macchie chiare e scure.
“Macchiaioli”, li chiamavano all’inizio quasi in senso spregiativo. Ma poi divenne l’etichetta più adeguata. La Mostra, che resterà aperta dal 19 settembre al 20 dicembre nelle sale delle Scuderie del Castello Visconteo a Pavia, è stata prodotta e organizzata da ViDi in collaborazione con il Comune e curata da Simona Bartolena insieme a Susanna Zatti. Le opere in esposizione sono più di 80.
Le annotazioni del pittore toscano, Telemaco Signorini, uno dei principali protagonisti del gruppo, condurranno il visitatore attraverso le atmosfere eccentriche e goliardiche di quel caffè, tra burle, imprecazioni e brindisi. Si inizierà da Serafino da Tivoli per arrivare allo stesso Signorini, a Vincenzo Cabianca, sempre meno influenzati dalla scuola di Barbizon, Odoardo Borrani, Lorenzo Gelati, Raffaello Sernesi (pittore soldato morto giovanissimo) e altri. Ci saranno esempi classici di Francesco Saverio Altamura, Domenico Morelli. E ancora, Cristiano Banti, Luigi Mussini, Silvestro Lega, Adriano Cecioni.
Susanna Zatti si augura che questa mostra possa rappresentare un primo passo per la rivalutazione dell’Ottocento italiano, altrettanto ricco di quello francese, e liberarlo da una certa patina di provincialismo. L’intenzione è comprensibile e condivisibile, anche se visitando le sale delle Scuderie non è facile collocare in modo autonomo la parabola artistica dei Macchiaioli, ed evitare che confluisca semplicisticamente nell’impressionismo.
Castello Visconteo di Pavia – Le scuderie – Fino al 20 dicembre 2015
Orari: lun. – ven.:10,00 – 19,00; merc.: 11 – 22,00, sab., dom. festivi: 10,00 – 20,00
Prezzi: intero 12,00 euro; ridotto: 10,00
Informazioni. www.scuderiepavia.com tel. 038233676