domenica, Dicembre 22, 2024
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LA BASILICA DI SAN DIONIGI, DEMOLITA DA OLTRE DUE SECOLI

di Carlo Radollovich

Affinché venisse creato un ampio spazio di verde nel cuore di Milano (si tratta della superficie oggi dedicata ai “Giardini Montanelli”), la caratteristica chiesa osservata con ammirazione da coloro che transitavano da Porta Orientale, venne abbattuta nel 1783. Per la verità, il tempio si trovava già in uno stato di conservazione precario (malgrado l’età di circa 250 anni, non moltissimi per un tempio) e un suo restauro avrebbe impegnato architetti e artisti in un arduo lavoro.

Ma iniziamo a narrare brevemente la sua storia. Dopo la prima costruzione, di dimensioni ridotte, avvenuta all’inizio del IV secolo, prese corpo, nell’anno 350, la “basilica nova” e qui fu convocato, cinque anni più tardi, un Concilio indetto da Papa Liberio unitamente all’imperatore Costanzo. Si voleva condannare come eretico il vescovo di Alessandria d’Egitto, Atanasio, il quale tuttavia, riabilitato poi completamente, nel 362 ritornò nel pieno della sua autorità vescovile nella stessa Alessandria.

Nel 374, il vescovo Ambrogio fece recuperare la salma di San Dionigi, deceduto in Cappadocia, e in suo onore, fece erigere una cappella di ampie dimensioni, successivamente trasformata in basilica.

Cinque secoli più tardi il vescovo Angilberto I ingrandì ulteriormente il tempio. Esso mostrava una pianta assai simile alla basilica di Santa Tecla con cinque navate e uno splendido altare maggiore. Qui officiavano i decumani di San Dionigi, i quali appartenevano al clero secolare dell’arcidiocesi milanese.

Nel 1217, attiguamente alla chiesa, iniziarono i lavori per la costruzione di un monastero.

Purtroppo, agli inizi del 1400, la basilica evidenziava i primi segni di decadimento. La struttura si presentava ancora solida ma, in più punti, erano visibili crepe di una certa rilevanza. Si aggiunga che in seguito, nel 1528, la chiesa subì una pesante devastazione da parte dei Lanzichenecchi.

Nel 1535 il governatore di Milano Antonio de Leyva decise di abbattere il vecchio tempio, ormai quasi “decrepito”, e di costruirne uno nuovo, affidando i lavori all’architetto Pellegrino Tibaldi, realizzatore tra l’altro del Collegio Ghislieri di Pavia e dei palazzi milanesi Erba Odescalchi e Spinola.  Egli lo progettò disegnando tre navate e otto cappelle laterali.

Nel 1782 il governo austriaco soppresse il monastero accanto alla chiesa trasferendo i monaci nella vicina chiesa di Santa Maria del Paradiso e l’anno successivo, come già accennato, demolì il tempio per creare spazi verdi.

L’artistico sarcofago contenente le spoglie di Ariberto da Intimiano (980 – 1045), il ben noto arcivescovo legato alla prima comparsa del Carroccio, diventato poi simbolo della libertà comunale, fu trasferito nel Duomo di Milano.

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