di Ugo P.
Nel settembre scorso la Banca Centrale europea ha dato in prestito alle banche italiane 26 miliardi di euro che dovevano sostenere le imprese, piccole e medie, con problemi di liquidità. Era anche il modo per cercare di dare slancio all’economia del paese per farla ripartire. Ma le banche hanno investito circa 18 miliardi e mezzo di euro in Btp e alle aziende hanno lasciato meno di un terzo.
Quindi, tutto questo denaro è finito per sostenere il debito pubblico e soprattutto per ridare fiato ai conti delle banche stesse, uscite un po’ malconce dai cosiddetti stress test, invece che sostenere lo sviluppo dell’economia reale come era negli intenti della Bce.
Alla fine di tutte queste operazioni, le banche italiane sono quelle che possiedono più titoli di Stato (10,8%), superando tutte le altre nazioni; basti pensare che in Germania le banche hanno solo il 3,3% del loro patrimonio investito in Bund e anche la Spagna, pure in crisi, è sotto il 10%.
Insomma, la crisi continua ma le banche stentano a immettere nel mercato finanziario la necessaria liquidità e questo è un altro motivo per cui il Paese non ce la fa ad uscire dalla recessione. D’altra parte, occorre tenere conto che siamo di fronte al classico “cane che si morde la coda” perché nel frattempo – bisogna riconoscerlo – la qualità del credito concesso dalle banche è molto diminuita. In altri termini, sono cresciute le sofferenze, cioè i prestiti vengono restituiti dalle aziende a cui sono dati in prestito, con sempre maggiore difficoltà. Il che costringe le banche a un atteggiamento sempre più cauto o, addirittura, a non assumersi altri rischi.
Come uscire da questa impasse? Bisogna che le banche riacquistino fiducia nella possibile ripresa e, se il coraggio di farlo manca, la Bce, con Mario Draghi, sembra che voglia imporre che i prossimi prestiti da erogare siano vincolati al credito e, quindi, ad investimenti nell’economia reale. Meglio tardi che mai! Un’ultima riflessione: il Governo chiede continuamente ai cittadini di avere fiducia nella ripresa, ma, prima di tutto, dovrebbe chiederlo alle Banche che ci sembra abbiano beneficiato in passato, e ancora oggi, di grandi agevolazioni.