I Peripheries sono un gruppo di cinque elementi: Claudio ‘Udo’ Bianconi (basso), John ‘Arnar’ Johnson (chitarra, tastiera, voce, oltreché autore di tutti i brani), Sabina ‘Morgana’ Morgagni (batteria), Carlo ‘Wiz’ Rossi (voce), Flaminia Samperi (tastiere, voce). E propongono il loro primo album “Mechanical Reproductions”, contenente dieci brani.
Avvicinandomi alle sonorità dei Peripheries ho avuto la sensazione di espormi a una esperienza, piuttosto straniante. Il che non vuol dire che non mi sia stato possibile cogliere, come in realtà e accaduto, i molti, anche innovativi e coinvolgenti, elementi distintivi che fanno di questo gruppo uno dei più originali apparsi sulla scena della New Wave.
Lo straniamento di cui parlavo è relativo al fatto che gli ambiti musicali che questo gruppo esplora sono piuttosto lontani da quelli consueti che personalmente frequento, anche se non è stato difficile cogliere nelle dieci composizioni raccolte nel CD atmosfere e suggestioni dark, post-punk e rock e numerose contaminazioni elettroniche e synth interessanti per lo spirito sperimentale che li anima.

In generale, si notano, accanto a riff metallici, ossessivi e ripetitivi, sonorità oscure, malinconiche, con influenze goth, sempre con una base di tristezza, cupa e, a volte, romantica, che in passato non ne hanno favorito la popolarità. Ecco, allora, che parlando di questa musica si capisce come essa abbia comunque in sé una indubbia forza autopoietica che la anima dal profondo.
Una forza che esprime una certa diffidenza (che arriva alla dissidenza) rispetto a un mondo di cui peraltro sa cogliere musicalmente in chiave negativa le ossessioni e le alienazioni che trasmette avvalendosene come in una specie di operazione catartica.
Oltretutto, va sottolineato che questa eccentricità viene amplificata anche dagli atteggiamenti, dai look, dei loro esponenti che si caratterizzano per un design tipico che nasce da una certa visione del mondo, una filosofia propria, fatta di scelte, anche se non sempre ben inquadrabili, certamente controcorrente se non proprio ostili al mainstream.
Anche nei Peripheries c’è chi si occupa del merchandising, oggetti e vestiti (nella fattispecie è Sabi Morgagni) e il titolo del lavoro “Mechanical Reproductions” è ben rappresentato dalla copertina del CD di notevole efficacia sintetica che mette insieme un simbolo (triangolo o squadra) e ruote dentate di meccanismi freddi, forse usurati e non più utilizzabili.
Nell’ascolto si può notare una certa eco di musica cosmica (krautrock ) alla quale sembra che certi brani si ispirino che si pone però sempre a una certa equidistanza tra sonorità più idilliache e avveniristiche (“Colder than your smile“), e atmosfere decisamente più cupe (“A shadow passing over“) o struggenti ( “Jurmala”). Senza dimenticare che i suoni elettronici anche se piuttosto serrati e ripetitivi (“Lodestar”) riescono a trovare un senso e una certa orecchiabilità (“Pigalle”) anche grazie alla capacità evocativa della voce calda dei cantanti.
Per coloro che vogliono esplorare nuove tendenza musicali e non hanno preconcetti verso certa musica che arriva da lontano ed è senza dubbio proiettata verso il futuro, i Peripheries, definiti come imprevedibili ed eclettici, possono rappresentare un’occasione da non perdere.
Visitate il sito del gruppo: https://theperipheries.bandcamp.com/album/mechanical-reproductions