di Carlo Radollovich
Giovanni Rajberti (1805 – 1861) fu non soltanto un esperto chirurgo milanese e uno degli studiosi più approfonditi sulle proprietà della valeriana, ma anche un sincero appassionato del mondo della poesia. Di carattere sempre allegro, dalla battuta pronta e arguta, aveva descritto con il suo consueto brio la strada ferrata tra Milano e Monza, costruita a partire dal 1838 e inaugurata nel 1840.
Ricordando l’enorme folla presente a Porta Nuova che applaudiva entusiasta la prima locomotiva a vapore che avrebbe subito collegato le due stazioni (era il 17 agosto 1840), scrisse in dialetto milanese una pimpante poesia di cui citiamo una strofa: “L’è propri viv perché el muggis, el boffa, el suda, el spua, el corr inconter, el sbroffa” (E’ proprio viva – la locomotiva – perché muggisce, soffia, suda, sputa, corre, spruzza). Descrisse con precisione i posti situati sulla prima carrozza, abbastanza comodi, mentre sulle altre, essendo scoperte, segnalava che non era consentito ai passeggeri ripararsi dal sole o dall’acqua. Addirittura essi si annerivano in volto per le copiose volute di fumo uscite dal fumaiolo.
Ci sovviene nella circostanza quanto segnalava il pedagogista Giuseppe Sacchi (1804 – 1891) a proposito delle future ferrovie. Egli già prevedeva che i treni non si sarebbero limitati a percorrere tratti lombardi e avrebbero presto collegato tra loro diverse regioni italiane. E Sacchi fu particolarmente fiero di quanto si andava concretamente costruendo a favore delle strade ferrate, tanto che nel 1836, sul “Cosmorama Pittorico”, rivista da lui fondata nel 1835, salutava con soddisfazione il progetto austriaco grazie al quale si posero le basi per collegare Milano a Venezia.