La mostra di Lucca “Levi e Ragghianti. Un’amicizia fra pittura, politica e letteratura”, che resterà aperta fino al 20 marzo 2022, celebra il quarantennale della Fondazione Ragghianti, ricordando il rapporto che legò per tanti anni i due Carlo, Ragghianti e Levi.
Spiegano bene la finalità di questa mostra Paolo Bolpagni, direttore della Fondazione Ragghianti, Daniela Fonti, presidente della Fondazione Carlo Levi, che insieme ad Antonella Lavorgna, direttrice della stessa istituzione, hanno contribuito anche alla realizzazione del ricchissimo catalogo.
La stessa sensibilità per l’arte
Un’amicizia complessa quella tra questi due personaggi che parte dall’interesse di Ragghianti per l’opera pittorica di Levi ma diventa ben presto un rapporto intellettuale articolato che spazia dall’aspetto storico, artistico, estetico fino a toccare quello ideologico e politico.
Queste sono le figure che stanno alla base di quell’antifascismo che oggi ci sembra difficile da classificare, ma che non può essere un’etichetta da applicare in modo posticcio a seconda delle circostanze.
Deve significare saper cogliere nelle esperienze di Ragghianti e Levi, che l’hanno vissuto sulla loro pelle, il senso profondo dei valori e degli ideali che l’antifascismo ha generato, riportando in vita quella memoria per adattarla ai tempi di oggi e ai nuovi pericoli che si presentano all’orizzonte.
Ma quali erano gli elementi fondativi che univano queste due grandi personalità? Il senso etico della loro missione, il valore della cultura, le spinte gobettiane, verso un nuovo liberalismo, da attuare sul piano istituzionale e sociale, idee condivise anche se poi interpretate in modo autonomo.
Levi pittore
Quando Levi entra nel mirino di osservazione di Ragghianti è il 1936 con un primo articolo dedicato alla pittura italiana contemporanea; a questo faranno seguito altre recensioni, mostre e, soprattutto, contatti diretti, durante la ricostruzione di Firenze, dopo la guerra.
Uno dei punti più alti del loro sodalizio è certamente il catalogo dell’opera di Levi del 1948 che Ragghianti realizza con attenzione e passione, facendo un primo lavoro filologico di storicizzazione dell’ opera leviana che sarà fondamentale anche per i successivi studi.
Altre mostre, altre antologie seguiranno negli anni, a Roma e a Firenze. E la testimonianza di questo intenso rapporto sono anche le numerose lettere, i testi autografi e dattiloscritti, che si scambiarono, come pure i documenti, le fotografie e i filmati che la mostra ha recuperato.
Ma torniamo alle opere pittoriche di Carlo Levi; oltre 100 quelle esposte, a partire dai famosi ritratti (da Italo Calvino ad Anna Magnani) che per l’artista, oltre a rappresentare il superamento tra figurativo e astratto, sono una dialettica fondamentale tra pittore e personaggio rappresentato, in base al principio “Sui cuique persona” (A ogni persona la sua maschera, cioè lo spirito autentico che la identifica e la individua).
Su questa falsariga, si situano gli altrettanto noti autoritratti che non sono certo vagheggiamento di sé in senso narcisistico ma una ricerca, come dice lo stesso Artista, “per l’amore della propria somiglianza”, cioè quella ricerca del principio primo (principium individuationis) che non è individualismo ma junghianamente individuazione, cioè scoperta delle finalità collettive di un uomo.
Senza dimenticare nell’opera di Levi, i nudi, i paesaggi, ma anche i disegni, i bozzetti, gli schizzi, le scenografie. Pensiamo che la mostra per chi non conosce a fondo l’opera del Levi pittore rappresenti una gradita sorpresa.
Levi scrittore
Certamente se pensiamo a Carlo Levi non possiamo fare a meno di ricordare il suo capolavoro “Cristo si è fermato a Eboli”, romanzo scritto nel 1941, a Firenze, nella casa di piazza Pitti di Anna Maria Ichino, dove si era rifugiato clandestinamente.
E’ un romanzo che ricorda il suo confino in Lucania, di cinque anni prima, di fronte a una civiltà contadina e ancora pagana, lontana dal progresso, alla quale egli si avvicina con umiltà e comprensione nella sua veste di pittore e medico, riuscendo in qualche modo a superarne l’indifferenza.
Un libro che ebbe grande successo, anche internazionale, diventato nel 1979 un film, per la regia di Franco Rosi con Gian Maria Volonté come interprete principale, e la colonna sonora di Piero Piccioni.
Per quanto riguarda il cinema, Ragghianti e Levi ebbero entrambi un interesse comune. Levi lavorò come sceneggiatore e disegnò anche il manifesto di “Accattone” di Pasolini.
Ragghianti intuì presto le potenzialità del linguaggio cinematografico. Dal 1954 al 64, grazie ad Adriano Olivetti, girò 19 critofilm, brevi documentari con intenti critici e divulgativi.
Tra le tantissime altre cose, ci piace qui ricordare, per concludere, una frase tratta dal libro di Levi “Paura della libertà”, scritto nel 1939, con una osservazione che crediamo possa ben sintetizzare il suo pensiero: “La paura della libertà è il sentimento che ha generato il fascismo. Per chi ha l’animo di un servo, la sola pace, la sola felicità è nell’avere un padrone e nulla è più faticoso e veramente spaventoso dell’esercizio della libertà”.
La Mostra si tiene presso la Fondazione Ragghianti, via san Micheletto 3, Lucca. Orari: mar.-dom.: 10,00-13,00. Ingresso 5 euro.