di Ugo Perugini #
Presso l’Art Gallery Studio 38 di via Canonica 38, presso l’omonimo hotel, si è aperta la mostra d’arte “L’infinito è qui…”, dedicata a Maria Teresa Treccani, visitabile fino al 15 novembre. Domenica 6 novembre, si terrà alle 17 la vernice alla presenza dell’Artista.
Dipingere non è riprodurre. Non è, semplicemente, comunicare un messaggio. E’ piuttosto lanciare una scialuppa di salvataggio. A cui chiunque può aggrapparsi per salvarsi o illudersi di farlo. Questa sensazione ci ispirano le opere di Maria Teresa Treccani. Non si chiede di interpretarle ma di trascendere quello che noi vediamo e che il nostro senso razionale crede di comprendere.
Mi viene in mente una frase di J. Derrida a proposito della significazione di un testo letterario che ben si attaglia anche all’opera della Treccani. Il suo lavoro si situa al di là “de son vouloir-dire original et de son appartenance à un contexte saturable et contraignant” cioè, al di là del suo significato originariamente previsto e appartenente a un contesto saturabile e vincolante.
In altri termini, l’apparente oggettività di una descrizione semplicistica esula dall’intenzionalità profonda dell’Artista; non ci si deve aspettare da lei una interpretazione della propria opera, altrimenti non avrebbe realizzato quel quadro.
Il quadro è lì proprio per generare interpretazioni diverse, contrastanti, opposte; è lì per metterci in difficoltà con il nostro modo di vedere la realtà, di pensarla, di trasformarla. Un’opera che ci sfida e noi, se siamo esseri sensibili, questa sfida dobbiamo raccoglierla, farla nostra.
Come non concordare con l’acuta analisi di Ines Formiggini Pessina quando dice dei quadri della Treccani: “Talora, si impongono lavori di ampie dimensioni in cui l’enigmatica cifra interpretativa offre stimolanti proposte di ricerca. Parlando un linguaggio diveniente codice a più soluzioni di sedimentate proposte di ricerca”.
Anche Esmeralda Gianni, in una critica del 2007, coglie con assoluta efficacia questo aspetto della pittura della Treccani: “Le sue figurazioni sfatte sono le sue metamorfosi, dove tutto si può ritrovare, come perdere. I suoi colori assoluti sono la cosmogonia che scandaglia nell’ancestrale vissuto umano”.
Una Mostra che conviene vedere per scoprire l’originale linguaggio artistico di Maria Teresa Treccani, per certi aspetti spiazzante, ma sempre carico di notevoli sollecitazioni e intuizioni.