di Ugo Perugini#
All’Art Studio 38 di via Canonica 38, si è aperta la mostra “L’essenziale è invisibile agli occhi”, nella quale espone fino al 30 settembre Lù Demo, pittrice, o meglio art-maker, originale, elegante, alla costante ricerca di colori e forme nei quali cogliere e trasfondere la propria sensibilità espressiva.
Qual è il compito principale dell’arte? Forse, condurci per mano lontano dal quotidiano, dal risaputo, dall’ovvio che ci circonda e, in qualche modo, portarci fuori dalla routine che appiattisce il nostro orizzonte, i nostri gusti, le nostre fantasie. Opere come quelle di Lù Demo possono facilitare questa operazione.
Il soggetto che osserva con mente libera questi lavori viene distolto dagli automatismi che regolano il suo modo di conoscere la realtà e che ne caratterizzano la prassi quotidiana ed è costretto, almeno temporaneamente, a rinunciare alla propria visione, a sospendere certi standard mentali per aprirsi, rendersi disponibile ad accogliere qualcosa che è altro da sé e accedere al messaggio dell’Artista che si cela dietro l’opera per cercare di comprenderlo.
Oltre a questa interpretazione soggettiva, auspicabile e legittima, ancorché imperfetta e talora anche contraddittoria, che permette però il pieno coinvolgimento di chi fruisce l’opera e rappresenta il fondamento di ogni sua intima esperienza estetica, c’è il compito successivo di chi, come il sottoscritto, prova a razionalizzare il più possibile l’interpretazione delle opere, avendo a disposizione la fonte, cioè la stessa Artista che le ha realizzate.
A Lù Demo abbiamo posto alcune domande.
Come ha cominciato a dipingere?
Il mio percorso formativo è quello classico. Dopo il Liceo Artistico, mi sono diplomata all’Accademia di Brera nella sezione Pittura. Ho iniziato a esporre dal 1983. Ben presto mi sono resa conto che l’approccio figurativo non era più sufficiente per esprimere i moti dell’animo che mi urgevano dentro e che avrei dovuto trovare altre soluzioni più adatte alle mie esigenze.
Come definisce il suo rapporto colori e forme?
Con l’abbandono del figurativo, ho cercato di incentrare la mia ricerca sul colore e sulla forma, utilizzati in maniera simbolica. Anche se il mio approdo è astratto, cioè una forma espressiva contemporanea, la mia ispirazione si nutre del passato, cerca di rifarsi alle civiltà antiche, recuperando da esse valori e significati validi ancora oggi.
Quali tecniche utilizza?
Ho iniziato con i colori ad olio ma ben presto ho abbandonato questa tecnica. I colori ad olio hanno una asciugatura molto lenta ed inefficace per gli effetti di mescolanze cromatiche che io desideravo. Dopo diverse sperimentazioni, sono passata all’acrilico, a base d’acqua, che posso diluire per creare l’effetto acquerello, utilizzando quello opaco o lucido, a seconda delle esigenze, nel caso voglia creare velature o dare densità e matericità alla tela, con differenze sostanziali sulla luminosità del risultato.
Come definirebbe il suo stile di pittura?
Mi sento sempre in rapporto con la natura e gli eventi che alimentano la mia ispirazione. Prima di dipingere raccolgo e cerco di convogliare il torrente di immagini che scaturiscono da tali emozioni, lasciando poi che esse fluiscano naturalmente sulla tela, fino a che non ne riprendo il controllo per condurle agli esiti che mi sembrano più adeguati.
Che importanza ha la musica nel suo lavoro?
Io dipingo ascoltando la musica. Nel 2010 durante la performance “Note di Colore” ho eseguito dal vivo un’opera, con ripresa video simultanea (foto). E’ stata un’esperienza importante ed emotivamente coinvolgente nella quale si è partiti dall’idea di un approccio multidisciplinare tra teatro, pittura e musica, in particolare quella folk americana anni Settanta.
La sappiamo molto attenta anche alle parole. Lo capiamo dai titoli dei suoi quadri, dalle descrizioni che ne fa, dal senso poetico dei suoi interventi. Che valore dà alla parola?
Per me le parole sono estremamente importanti ed evocative. Anche nei titoli delle mie opere cerco sempre di trovare spunti, idee, rimandi, suggestioni che spieghino e presentino i miei lavori. Il senso della mia ricerca mi sembra bene espresso nella mia poesia “L’Isola che non c’è”: “Il tempo annullato/lo spazio espanso/l’incontro si rinnova/nell’abbraccio di questa amante/ che non mi lascia/ e che non posso abbandonare./Qui/dove ogni crisalide diventa farfalla.”
Nella Galleria dell’Art Studio 38, potrete anche trovare altri lavori di Lù Demo che risalgono al suo ultimo periodo, estremamente interessanti perché prendono spunto dalle forme “totem”, che lei considera perfette, cioè il cerchio ed il quadrato, per andare alla ricerca di una nuova dimensione spaziale.
Nell’opera “Cubica-Migrazioni“ l’Artista ha scelto un cubo nero che simboleggia un mondo a sei facce, che gira attorno al proprio asse, attraversate da colate di colore che rappresentano le migrazioni dei popoli e rimandano all’idea della Terra in cui non esistano più conflitti di luogo, colore, razza e cuore. Lù Demo ha posizionato sei tele su ogni faccia del cubo che ha dipinto in modo unitario, come fosse un’unica tela: la pangea poi separatasi con la deriva dei continenti.
L’idea della pace universale tra gli uomini è una delle utopie più ricorrenti che coltiva l’Artista. Anche nell’opera dedicata a Fabrizio De André e a una sua famosa canzone “Se verrà la guerra Marcon’dirondero” si coglie questo messaggio. L’opera è un compensato circolare con le silouette di bambini che si tengono per mano, e un filo spinato che lo circonda. Lù Demo si augura, in modo esplicito, che la forza e la purezza dei bambini possano salvare il mondo dalla guerra e soprattutto gli adulti dalla loro follia. Come non unirci a lei in questo appello accorato?