di Carlo Radollovich
Anselmo Ronchetti, di umili origini, per la verità non nato nella nostra città, ma a Pogliano Milanese nell’ottobre del 1773, era desideroso di impratichirsi nell’arte di confezionare calzature.
Trovò presto impiego al Carrobbio, come garzone, presso un ciabattino e imparò presto il mestiere, non dimenticando di studiare dopo aver abbandonato la scuola per motivi economici. E la sua cultura crebbe via via consistentemente.
Dopo qualche anno riuscì a farsi assumere presso un calzolaio assai noto di via Larga. Lavorò con impegno e fu presto in grado di raggranellare qualche soldo per acquistare una piccola bottega. Alcuni amici scorsero in lui straordinarie capacità di ritagliare lembi di pelli per poi cucirle abilmente, creando fogge originali di scarpe. L’ambizione e le capacità del Ronchetti fecero il resto: egli riuscì a farsi prestare una discreta somma da quegli stessi amici e gli fu possibile ingrandirsi, niente meno che in una via del centro.
L’inizio di un’attività decisamente ampliata e pure connessa con spese non indifferenti, non fu certamente facile, ma egli si propose di non demordere, anche perché certi suoi clienti erano entusiasti delle creazioni in pelle e cuoio che uscivano dalle sue mani.
Si narra che, quando Napoleone entrò in Milano nel maggio del 1796, fresco delle vittorie di Mondovì e di Lodi, ottenute rispettivamente sulle truppe sabaude e austriache, un uomo di piccola corporatura e molto elegante, si facesse in quattro per avvicinarsi al Bonaparte, ma non per applaudirlo: solo per osservare insistentemente i suoi piedi. Era Ronchetti, che riuscì a memorizzare la lunghezza e la forma dei piedi del valoroso generale.
Ritornato al lavoro, confezionò un artistico paio di stivali che si propose di donare a Napoleone. I militari di guardia lo lasciarono entrare e gli fu accordata una breve udienza. Il Bonaparte, calzati gli stivali, ne rimase entusiasta e ringraziò Anselmo Ronchetti per lo splendido regalo. Da quel momento, si instaurò tra i due un clima quasi d’amicizia e di particolare stima.
Resta il fatto che la soddisfazione espressa da Napoleone per il preciso lavoro eseguito, fece scaturire molte ordinazioni tra gli ufficiali francesi e addirittura principi.
Si verificò tuttavia una dura frizione con un generale francese il quale, pur ordinando ad Anselmo un paio di stivali, elogiava al tempo stesso la grande, insuperabile capacità dei calzolai parigini. Ronchetti confezionò un solo stivale e lo consegnò subito al generale. Questi lo calzò, vide che gli stava a pennello e pregò il calzolaio di consegnargli subito anche il secondo. Ronchetti rispose seccamente: “Fatevelo confezionare dai calzolai parigini”. Fece un inchino e si ritirò.
Dopo il tramonto dell’era napoleonica, Anselmo Ronchetti trasmise tutte le sue conoscenze calzaturiere ai propri fidati collaboratori per poi ritagliarsi spazi culturali sempre più ampi. Riuscì addirittura a fondare presso la sua lussuosa abitazione un vero e proprio salotto culturale, ove intervennero numerosi letterati e anche patrioti.
Si spense, sessantenne, nella nostra città.