di Ugo Perugini
Sembra sempre che il tempo ci manchi. Che il tempo sfugga al nostro controllo. Non ci preoccupiamo affatto delle cose che consumiamo e che sprechiamo in grande quantità (oggetti, cibo, ecc.) ma se è il tempo quello che ci sembra di perdere, allora ci coglie un senso di angoscia incredibile. Ecco, perché con chi ci fa perdere tempo, in qualsiasi circostanza ciò si verifichi, diventiamo sempre più intransigenti e severi.
Da dove ci deriva questo disagio sociale che qualche studioso ha definito come una vera e propria alienazione? Tutto parte dalla tecnologia, naturalmente. Le comunicazioni, le elaborazioni dei dati sono sempre più rapide, incalzanti e sentiamo il bisogno di dover fare più cose in minor tempo e spesso anche in contemporanea per poterci sentire (il gioco di parole mi sembra adeguato) all’altezza dei tempi.
Pensiamo al turbo capitalismo, alla finanza telematica in grado di effettuare migliaia di transazioni in pochi millisecondi, alle crisi economiche, l’ultima quella cinese, che nel giro di pochissimo tempo possono bruciare montagne di denaro. Cosa possiamo fare noi? Ben poco. E la politica? Forse ancor meno di noi. Il motivo è semplice: i tempi della politica sono decisamente più lenti.
E quelli della democrazia ancora di più: pensiamo ai dibattiti parlamentari, alle lentezze delle deliberazioni pubbliche, alle lunghe e spesso estenuanti negoziazioni. La democrazia non ce la fa a reggere i tempi della finanza, deve rinunciare al proprio ruolo e lo si vede quando, sempre più spesso, le decisioni vengono prese da un pool ristretto di persone non elette, da commissioni segrete predisposte ad hoc, ecc. (pensiamo al caso della crisi negli Usa del 2008).
Ma anche nell’eurozona, le cose non sono molto diverse. Durante la crisi della Grecia, ricorderete i diversi piani di salvataggio messi in atto, i tentativi di dare la parola al popolo (con il referendum), mentre la crisi galoppava e la situazione peggiorava a vista d’occhio. Insomma le procedure politiche al massimo possono inseguire con affanno le crisi economiche che però viaggiano a una velocità assolutamente irraggiungibile.
E’ facile con queste premesse pensare che la democrazia sia una struttura di cui si può fare a meno e, quindi, andare alla ricerca di soluzioni centralistiche o, peggio, totalitarie. Ma il totalitarismo è già presente tra noi ed è proprio quello che uno studioso (Hartmut Rosa, nel suo recente saggio Accelerazione e alienazione – Einaudi) chiama totalitarismo dell’accelerazione, a cui non si può sfuggire anche se non si manifesta con forme coercitive ben identificabili. Ed è questo che va combattuto.
Come si manifesta questa alienazione?E’ l’ansia che ci impone di cercare di ottenere risultati a breve termine, di migliorare sempre di più le nostre prestazioni, di accumulare beni che non consumiamo, di gestire i nostri rapporti umani in modo veloce, costretti poi a rinegoziare continuamente il riconoscimento sociale degli altri, a seconda delle esigenze del momento. L’illusione in cui cadiamo è che una vita degna di essere vissuta sia solo quella ricca di esperienze e l’unico sistema per accumularne un grande numero è quello di vivere più rapidamente possibile.
Ma che qualità possono avere esperienze di questo tipo?