di Amarilli
All’alba del 2015, mi rendo conto di quanto sia davvero bello il mondo senza frontiere: Compagnie aeree a basso prezzo che in 3 ore ci portano in Africa, operatori telefonici che ci permettono di chiamare altri Paesi gratuitamente o quasi.
È gratificante potersi trasferire da una parte all’altra del mondo in maniera facile e immediata, andare a feste di Erasmus con studenti europei, partecipare a cene aziendali con colleghi stranieri, essere invitati a un matrimonio a Pechino da parte di una coppia mista che vive a Lisbona.
La globalizzazione elimina le distanze e ci fa sentire tutti più uniti.
Inoltre, questo fenomeno ha fatto sì che le parole straniere entrassero a far parte del nostro linguaggio quotidiano.
Oggi usiamo lingue diverse a seconda dei contesti e dei messaggi che vogliamo inviare.
Potremmo inoltre dire, in linea di massima, che per un linguaggio da usare in ufficio utilizziamo parole che riteniamo professionali, come quelle inglesi. Ad esempio: “Andiamo a farci un aperitivo dopo il meeting?”..”Ho del lavoro arretrato e non so quando uscirò dall’office!”
Quando vogliamo parlare di moda, cerchiamo vocaboli che siano il più possibile raffinati, ad esempio quelli francesi: “Bella la tua giacca animalier!”..”Io adoro la tua pochette!”
Se invece parliamo con amici, cerchiamo una lingua conviviale e le parole spagnole ci sembrano molto allegre: “È sabato, vamos a bailar?”..”Va bien, ma prima ceni da me, che mi casa es tu casa!”.
Grazie all’internazionalità, non soltanto si è ampliato il nostro vocabolario, ma anche la nostra voglia di imparare sempre qualche parola locale, in ogni luogo che si visita.
Va detto che noi italiani portiamo avanti una lunga tradizione che ci rende famosi in tutto il mondo: ad esempio, grazie al nostro gesticolare, che non ci ha mai deluso, siamo sempre riusciti a farci capire !
Con il passare degli anni ci sforziamo sempre più a comunicare in un’altra lingua.
Così, ogni giorno sentiamo tanti idiomi diversi, che vanno dall’inglese all’arabo, ma viene sempre più a mancare la “lingua” della nostra città, il milanese.
Ormai, nelle nostre case non si parla più il dialetto e molti nonni si sono convertiti all’italiano.
I ragazzi, quando parlano tra loro, non si dicono“Allora, comè che la va ?” oppure “Cià, se fem? Andem?”
Purtroppo, non si usano più nemmeno le parole più semplici, tipiche di una Milano tradizionalmente fredda e lavoratrice:” Eh, ma che fregg ch’el fa!”..”ue ti, va a laorà!”
In conclusione, grazie alla globalizzazione siamo diventati più open mind, abbiamo ampliato i nostri orizzonti e ci siamo aperti al mondo, ma non dobbiamo mai dimenticare di conservare le nostre tradizioni !