Galeazzo Maria, figlio di Francesco Sforza e di Bianca Maria Visconti, nacque a Fermo, nelle Marche, nell’anno 1444. I genitori gli furono molto vicini e vollero che crescesse ben acculturato, inserendolo sin da giovane nel difficile mondo politico e anche militare.
Non fu molto amato dai suoi sudditi perché di natura instabile e pure sregolato. Era anche decisamente superbo, ma questi difetti non gli impedirono di confermare, sino ad un certo punto, quel rafforzamento economico del ducato che era già stato avviato dal padre.
Ebbe tra l’altro il merito, in ambito culturale, di imprimere un forte impulso all’arte della stampa. Ed ecco che l’industria del libro si stava visibilmente rafforzando tra editori, venditori e distributori. Citiamo ad esempio l’Attavanti, specializzato nei libri liturgici e molto abile nel muoversi tra arte libraria e pittura monumentale. Per la prima volta, nel suo “Quadragesimale”, viene riportato un ritratto a stampa.
E poi Panfilo Castaldi, di professione medico, ma vero “mago” dei caratteri mobili, che apprese l’arte della stampa a Venezia presso Giovanni da Spira, arte che portò con se’ a Milano nel 1471. Qui contribuì a far nascere un vero e proprio dizionario dal titolo “De verborum significatione”. Questa opera è considerata la prima stampata da un tipografo italiano.
Citiamo poi Filippo Lavagna, tipografo e libraio. Sistematosi a Milano a partire dal 1472, si dedicò alla stampa di diversi testi classici. Fondo’ diverse società tra cui una con il già citato Panfilo Castaldi e con Antonio Zarotto, pioniere dell’arte tipografica nella nostra città. Tra le opere più famose stampate dallo Zarotto citiamo il Decamerone e il Canzoniere del Petrarca.
Certo, in quegli anni mancava ancora la pratica commerciale nella vendita dei libri. Si pensi che le opere venivano spesso vendute in fogli sciolti (raggruppati nei cosiddetti sedicesimi) e ognuno degli acquirenti era costretto a provvedere in proprio alla rilegatura.
Altra considerazione riguarda i codici miniati che raggiungevano anche allora valori altissimi, ma anche i libri miniati venivano spesso messi a disposizione, soprattutto per lo studio, di ragazzi ricchissimi, come nel caso di Massimiliano, figlio di Ludovico il Moro e di Beatrice d’Este.
Da ultimo ricordiamo che nell’ultimo decennio del Quattrocento, a Milano, venivano ufficialmente registrate trenta tipografie e segnaliamo che un’officina di buon livello poteva disporre addirittura di otto torchi.