sabato, Novembre 16, 2024
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Rosa Rosà, scrittrice futurista

Si chiamava in realtà Edith von Haynau, nata nel 1884, parente di quel Julius Jacob von Haynau (braccio destro di von Radetsky) che soffocò nel sangue, durante le ben note Dieci giornate di Brescia (1849), i patrioti che tentavano di opporsi all’Austria.

Studia privatamente a Vienna con precettori di spicco, ma, compiuti i diciotto anni, si iscrive alla Scuola d’arte della capitale, malgrado il netto parere contrario dei familiari. Si sposa nel 1908 con lo scrittore italiano Ulrico Arnaldi, del quale si conosce molto poco, e si trasferisce con lui a Roma.

Gli darà quattro figli dal 1909 al 1915 e più avanti, terminata la guerra, darà sfogo ai propri interessi letterari aderendo al gruppo fiorentino de “L’Italia futurista” e collaborando con Filippo Tommaso Marinetti, Mario Carli, Remo Chiti e altri.

Cambia il proprio nome in Rosa Rosà prendendo spunto da una cittadina in provincia di Vicenza (Rosà per l’appunto) e inizia scrivere in difesa della donna che – come auspica – dovrebbe assumere una posizione più incisiva nella società. Rosà si augura che possa acquisire, come scrive, “un libero io immortale che non si dà a nessuno”.

Nel 1918 appare il suo romanzo più noto ossia “Una donna con tre anime”. Nel testo, una certa Giorgina Rossi, in tre momenti diversi, si tuffa in una trasfigurazione completa, più energica, voluttuosa soprattutto libera, con doti di ipersensibilità, pervase anche di una certa virilità.

Scrive tra l’altro: “Smettiamola di spaccare l’umanità in uomini e donne (…), come se ci venisse in mente di dividere il genere umano in biondi e in bruni, ma cominciamo a dividerlo in individui superiori, forti, intelligenti, sani.

Tra il ’20 e il ’22 lavora come grafica realizzando manifesti e calendari mentre nel ’27 inizia la stesura del secondo romanzo “La casa della felicità”, rimasto purtroppo incompiuto. Scriverà anche un interessante saggio dal titolo “Eterno Mediterraneo” ove descrive un viaggio alla ricerca delle sorgenti dell’arte e “Il fenomeno Bisanzio”, narrando la storia della città prima dell’occupazione ottomana.

Si spegne a 94 anni lasciando incompiuti altri due libri: “Fuga dal labirinto” e “Il Danubio è grigio” di sapore autobiografico.

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