di Ugo Perugini
Nonostante gli euroscettici che ci sono in giro, possiamo oggi, sperare ancora nella creazione politica di una federazione degli Stati europei?
Ovviamente si. La crisi che ha colpito l’Unione avrebbe avuto minor impatto se ci fosse stata maggiore solidarietà tra gli Stati. La politica dell’austerità determinata da chi ha più peso in Europa ha fallito. Adesso tocca a noi fare in modo che il nuovo presidente della Commissione dia un indirizzo politico diverso in cui vige il motto “l’Unione fa la forza”.
Qual è il ruolo che può svolgere il PD in Europa?
Il Pd ha un ruolo cruciale all’interno del PSE soprattutto in vista del semestre italiano dal prossimo luglio. Il programma dei prossimi 5 anni guarda ad un’altra Europa. Più attenta ai bisogni della comunità e meno a quelle delle banche, meno rigore e austerità più risorse e investimenti.
Come giudica l’operato del Governo Renzi fino ad oggi?
Lo giudico positivo. Finalmente dopo anni è arrivata quella scossa positiva ed energica di cui l’Italia aveva bisogno per guardare con fiducia al futuro. Le decisione prese e le riforme in cantiere fanno ben sperare anche per l’Europa. Il semestre europeo a guida italiana sarà un’importante occasione per noi per invertire la rotta e cercare di ricalibrare le politiche europee.
Cosa ne pensa delle campagne che certi partiti portano avanti per l’uscita dall’euro?
Penso che di base vi sia una convenienza meramente elettorale che lascia poco spazio al confronto e alla verità dei fatti. L’Europa può e deve sicuramente migliorare. Su questo non vi sono dubbi. Ma non è minacciando l’uscita dall’euro, o battendo i pugni su un tavolo, che si fa del bene all’Italia, anzi. Bisogna guardare avanti per raggiungere gli altri Paesi non rimanere sempre più indietro.
Cosa ne pensa degli sbarchi in Sicilia, che sono sempre più numerosi? Quali le ricette del Pd per far fronte a questo fenomeno?
In mancanza di strumenti europei adeguati, l’Italia è rimasta da sola ad affrontare questa emergenza. E’ necessario che l’UE si adotti di una politica di immigrazione comune che regoli il fenomeno e intervenga attraverso misure strutturali che guardino al medio e lungo periodo. Ad esempio bisognerebbe pensare a un sistema di immigrazione con ingressi programmati e contingentati. Il Mediterraneo non deve essere ricordato come il cimitero a cielo aperto di gente bisognosa, per lo più di donne e bambini.