di Carlo Radollovich
In via Borgonuovo, strada decisamente angusta che inizia a due passi da piazza San Marco, è situato al civico 20 uno dei primi edifici costruiti nel XV secolo e cioè il palazzo Bigli Samoyloff Besozzi. Qui dimorò, tra gli altri, anche lo scrittore e giornalista Riccardo Bacchelli, il cui ricordo è impresso in una targa marmorea.
Lo stabile fu di proprietà, sino al 1498, degli Umiliati, il noto ordine religioso inizialmente condannato per eresia, poi reintegrato da papa Innocenzo III, ma successivamente soppresso da papa Pio V nel 1571 con apposita bolla.
Nello stesso anno 1498 fu venduto al cancelliere e ambasciatore ducale Paolo Bigli e rimase di proprietà di questa nobile famiglia sino al 1826, quando venne a mancare l’ultimo erede del casato. La facciata che ancora oggi possiamo osservare venne restaurata nell’Ottocento in stile neoclassico. Sopra l’ammezzato si trova il piano nobile con particolari finestre su cui spiccano timpani triangolari. Nel cortile seicentesco appare un originale porticato ove si ammirano eleganti colonne in granito rosa.
Nel 1828 il palazzo fu venduto alla bellissima contessa russa Giulia Samoyloff (1803 – 1875), il cui arrivo a Milano fu avvolto da fitti misteri. Perché aveva deciso di abbandonare la fastosa corte di San Pietroburgo ? Non conosceremo mai i reali motivi. Su di lei si profilavano soltanto illazioni: chi asseriva che fosse la nipote del conte Pahlen, colui che organizzò la congiura che uccise lo zar Paolo I (1754 – 1801) e per questa ragione volle lasciare la Russia; altri la vollero amante del secondo successore Nicola I, essendo stata poi liquidata da quest’ultimo con… abbondanti remunerazioni. Di sicuro è passata alla storia per essere stata damigella d’onore presso la corte di San Pietroburgo.
Il suo debutto ufficiale presso la società milanese avvenne nel 1832, quando la contessa organizzò un ballo in maschera nel giardino di via Borgonuovo con diversi inviti rivolti al bel mondo meneghino. Con la cospicua rendita annua che sfiorava le 100mila lire, di certo non incontrava difficoltà nel promuovere una vita ricca di molti lussi.
Si trattò di un evento del tutto particolare con il giardino suddiviso in piccoli scomparti da curiose pareti floreali e con l’orchestra che suonava seminascosta tra gli alberi. Dopo le abbondanti libagioni, Giulia offriva a diversi ospiti le proprie stanze, arredate in stile impero, pronti a trascorrere una notte memorabile.
Nel 1855 la Samoyloff abbandonò il palazzo dando precise istruzioni ai suoi amministratori per la vendita, raccomandando loro di realizzare un incasso da considerarsi equo. Dopodiché si trasferì in Francia e precisamente a Parigi, dopo aver conquistato il cuore di un medico di Tolone.
E che ne fu del grande edificio dopo il 1855 ? Passò di proprietà tra una famiglia nobile e l’altra sino ad approdare ai Besozzi e ultimamente ad una società immobiliare.