di Carlo Radollovich
Ci troviamo ai primi dell’anno dell’anno Mille e, tra i numerosi racconti storici dell’epoca, scopriamo un personaggio di grande e determinato carattere: Arialdo.
Il luogo della sua nascita è fonte di discussione tra gli storici: chi lo considera venuto alla luce a Cucciago (oggi in provincia di Como) da una famiglia di proprietari terrieri, chi lo vuole nato a Carimate (ai confini con il Comune di Cantù) presso una benestante famiglia di valvassori. Altri ancora lo considerano milanese, appartenente alla nobile famiglia dei Cotta.
Da giovane era comunque abbiente e disponeva di un precettore. Ben presto fu consigliato di completare gli studi in Francia. E infatti, soggiornò dapprima a Laon (in Piccardia) e poi a Parigi, ove affinò la propria cultura. Qui fu nominato “magister scholarum””.
Tornato a Milano nel 1054 e ordinato diacono in tempi brevissimi, venne incaricato dall’arcivescovo Guido da Velate di insegnare astronomia, retorica e musica presso la scuola della cattedrale.
Tra il 1056 e il 1057, a Varese, iniziò una serie di contestazioni, durante le omelie, nei confronti del clero. Richiamò i confratelli ad uno stile di vita più severo, secondo gli insegnamenti del Vangelo. In effetti, l’austerità dei costumi era a quei tempi lontana dall’essere raggiunta e Arialdo auspicava con una certa veemenza un ritorno ai sani principi, anche con la totale eliminazione della simonia.
Non venne ovviamente visto di buon occhio e l’arcivescovo Guido da Velate fu il primo ad ammonirlo. Ma Arialdo era ormai diventato una bandiera dei cosiddetti “patarini”, i quali si battevano per un risanamento morale del clero. Le loro file andavano progressivamente ingrossandosi.
Alla fine del 1057 Arialdo tornò a Milano e prese alloggio presso l’amico Nazario Monetario, in seguito rivelatosi vero finanziatore del movimento patarinico. Il Papato, nutrì dapprima seri dubbi nei confronti dei moralisti milanesi e non intervenne contro Guido da Velate, sempre al centro di un’accesa campagna da parte dei patarini. E il vescovo si sbarazzò presto di Anselmo da Baggio, altro contestatore di spicco, nominandolo vescovo di Lucca. Ma Anselmo, ancor prima di partire per la città toscana, lasciò la guida del movimento ad Arialdo. Più avanti, nel 1061, Anselmo venne nominato papa con il nome di Alessandro II e appoggiò pienamente Arialdo.
E come si comportò Guido da Velate nel frattempo? Accusò Arialdo di voler cambiare le tradizioni religiose cittadine e lo fece scomunicare. Ma Arialdo si era già messo in cammino verso Roma e qui ottenne dal papa la revoca della scomunica.
Più avanti l’arcivescovo Guido fece ammenda delle proprie colpe, ma non poté evitare la scomunica da parte di Alessandro II. Guido da Velate si ribellò e scagliò le proprie ire contro Arialdo. Lo fece catturare e lo imprigionò presso il castello di Angera, di cui era proprietaria una certa Oliva, nipote dello stesso Guido da Velate. La donna affidò Arialdo a due preti concubinari con l’ordine di ucciderlo. Dapprima venne orrendamente mutilato e poi assassinato. Canonizzato da Alessandro II nel 1070, le sue spoglie sono conservate nel Duomo di Milano.