di Carlo Radollovich
Dopo la Napoli-Portici, ecco nascere la seconda ferrovia italiana, Milano-Monza, per la verità non ancora appartenente alla nostra Penisola unita, ma al Lombardo-Veneto, lo Stato dipendente, come si sa, dall’Impero austriaco. Venne infatti realizzata sotto gli auspici dell’onnipotente cancelliere Klemens von Metternich.
In quell’afosa mattinata d’agosto erano presenti a Monza le più influenti autorità, ad eccezione dell’imperatore Ferdinando, tra cui l’arciduca Ranieri, vicerè del Lombardo Veneto con la moglie Maria Elisabetta di Savoia e l’arcivescovo di Milano Karl Kajetan von Gaisruck, prelato di vasta cultura, ma ancora con molte difficoltà nell’esprimersi in italiano, malgrado abitasse nella nostra città da più di un ventennio.
L’arciduca, l’arcivescovo e tutte le autorità, accompagnate da diversi funzionari, salirono in modo alquanto impacciato sulle tre carrozze trainate dalla locomotiva “Lombardia”, accompagnati dalla scorta di alcuni militari nonché da una banda musicale. Un secondo convoglio partì da Monza dopo alcuni minuti, con a bordo nomi di spicco dell’aristocrazia monzese, trainato dalla locomotiva “Milano”.
Il percorso, di circa tredici chilometri su un unico binario, venne compiuto in soli venti minuti, alla velocità di circa quaranta chilometri orari, andatura considerata sbalorditiva se raffrontata a quella ottenuta dalle carrozze trainate da cavalli.
Giunti a Milano, Stazione di Porta Nuova (uno stabile di due piani, posto all’angolo tra le attuali vie Melchiorre Gioia e Carlo De Cristoforis, che ricordava vagamente la Scala del Piermarini), si notò uno scatenarsi di grande entusiasmo tra la popolazione: chi gettava al vento petali di fiori, chi emetteva suoni con trombe e zufoli, chi si spellava le mani nell’applaudire. Insomma, un vero successo.
E quando, il giorno seguente, la Milano-Monza venne aperta al pubblico, i gendarmi ebbero il loro bel da fare nell’arginare e nel contenere l’affluenza del pubblico, assai curioso di sperimentare l’ebbrezza del treno. Le tariffe erano le seguenti: lire austriache 1,50 per la prima classe, 1,– per la seconda. 0,75 per la terza. Media giornaliera dei passeggeri paganti dopo tre mesi d’esercizio: 1250.
La ferrovia era ormai entrata nella mente di tutto l’impero austriaco. Scattò infatti il progetto per la linea denominata “Ferdinandea” al fine di collegare Milano a Venezia e per raccordare successivamente Trieste con Vienna.
L’impero austriaco cercò ovviamente di sottolineare, con un certo trionfalismo, la grande opera della strada ferrata, esaltando non solo il potere di Vienna, ma anche la pace e la concordia fra i popoli. Purtroppo, in quegli anni assai ricchi di ruggine tra nazione e nazione, le buone intenzioni erano destinate a rimanere tali…