Camminando a piedi tra le vecchie strade del centro cittadino, è impossibile poter soffocare un pizzico di nostalgia che sorge spontanea nel ricordare la Milano di un tempo. Sono venuti a mancare certi negozi che, soltanto sessant’anni fa, davano l’impressione di aver tutto sotto mano come certe friggitorie denominate “cibi cotti”, botteghe che vendevano granaglie di ogni specie, macellai presso i quali era possibile acquistare carni di pregio oppure a basso costo, ciabattini sempre pronti ad aggiustare scarpe usurate, e così via.
Ad esempio, imboccando la via Zecca Vecchia, ci si riconduce alla decisione di Galeazzo Maria Sforza, il quale aveva trasferito qui la ben nota zecca milanese, spostandola dal rione San Mattia alla Moneta, oggi via Moneta. Dopo il 1778, la zecca stessa fu traslocata nella contrada di Santa Teresa, ora via della Moscova.
Ci rendiamo conto che la via Zecca Vecchia (una stradina sulla quale si affacciavano alcune case di spicco), via Moneta e via del Bollo, ci proiettano in un mondo ove finanza ed economia erano al centro di diverse contrattazioni grazie alle quali alcuni milanesi, i più ricchi, badavano ad accrescere i propri capitali laddove possibile.
Molte delle vecchie costruzioni non esistono purtroppo più, particolarmente in un tratto che si spinge sino a via San Maurilio, piuttosto angusta e quasi buia, che al termine sfocerà in via Torino. Peccato che certi smantellamenti abbiano interessato anche la vicina via Valpetrosa, ma l’edificio del civico 5 e’ stato risparmiato, seppure, nel corso degli anni, alcune mutazioni architettoniche si siano evidenziate.
Qui dimorava la famiglia dei Griffi, di estrazione nobile e assai ricca, attivissima nel prestare servigi ai Visconti e in seguito agli Sforza. Si distingueva in modo particolare Ambrogio Griffi, nato nel 1420, come filantropo, umanista e soprattutto medico di indubbia esperienza. A lui si sarebbe rivolto persino Leonardo Da Vinci, da poco giunto a Milano, per approfondire assieme certi complessi studi sul corpo umano.
Quando, al termine della nostra passeggiata, arriviamo in via Torino, siamo in grado di ammirare l’imponente chiesa di San Sebastiano, vedi foto, denominata “Tempio Civico”, opera dell’architetto Pellegrino Pellegrini de’ Tibaldi, con uno stile architettonico tipico del Manierismo.
I milanesi, auspice il futuro San Carlo Borromeo, si rivolgevano al martire Sebastiano per invocare la liberazione dalla terribile peste del 1576. Il morbo, forse grazie anche alle preghiere di molti devoti, cessava di infierire nel corso dell’anno successivo.