di Antonio Barbalinardo
Presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano in via Nirone, ieri si è svolto il seminario “L’eredità degli anni di Piombo – Promuovere processi di rielaborazione sociale tra memorie traumatiche e oblii”, promosso dal Dipartimento di Psicologia, dalla Fondazione Carlo Perini, in collaborazione con la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Milano.
Ha introdotto i lavori del seminario Sara Pelucchi, psicologa e psicoterapeuta, presentando gli oratori. La prima a intervenire è stata la vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo, che ha portato il saluto del sindaco Giuseppe Sala e di tutta l’amministrazione riferendo dell’impegno dell’Amministrazione comunale nel percorso della Memoria in particolare nelle scuole. È seguito l’intervento Paola Di Blasio, direttore del Dipartimento di Psicologia, che dopo aver ringraziato tutti i partecipanti, gli oratori presenti e gli organizzatori, ha parlato del trauma del dolore muto dell’uomo e del sintomo brutale dello stress postraumatico che incide sulla memoria sensoriale.
In rappresentanza del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano è intervenuta Paola Boccardi relazionando sul ruolo svolto dagli avvocati durante il periodo degli anni di piombo e quanto è stato il loro contributo dato; purtroppo c’è ancora violenza oggi, ma è molto diversa da quella degli anni ’80 e occorre recuperarne la memoria.
Sono così seguiti altri interventi di testimonianza sotto i diversi aspetti. Il primo è stato quello di Antonio Iosa presidente della Fondazione Carlo Perini che ha ricordato che il 1° aprile scorso è ricorso il 39° anniversario della sua gambizzazione presso l’allora sede della Democrazia Cristiana di Via Mottarone, 5. Ha riferito della sua storia e del perché le brigate rosse nel 1980 colpirono anche lui che aveva già subito in precedenza l’assalto dei fascisti negli anni ’70 nella sede dell’allora Circolo Culturale Carlo Perini. Iosa ha concluso la sua riflessione riferendo che la Milano di allora era la capitale ideologica del terrorismo, ma è stata anche la città che ha avuto più vittime del terrorismo e oggi non si possono giustificare quei violenti e che se vogliono essere perdonati devono manifestare un sincero pentimento con una vera conversione interiore.
Al seminario ha dato il suo contributo come ex politico l’onorevole Virginio Rognoni, già Ministro della Repubblica Italiana “Gli Anni di Piombo: la ferita socio-politica” riferendo sugli opposti estremismi dove c’erano diverse modalità di aggressione, l’aggressione e la violenza dei brigatisti rossi era frontale e diretta mentre l’aggressione e violenza da parte degli estremisti di destra fu da strage poiché intervenivano con le bombe e con le cariche di tritolo. L’onorevole Virginio Rognoni ha inoltre riferito sul caso Moro e che allora la nostra democrazia aveva veramente rischiato, ma ha saputo nonostante tutto reagire.
Interessante è stato l’intervento del giornalista Giovanni Bianconi che ha affrontato il tema di quegli anni di piombo dall’aspetto della comunicazione e di come venivano riferite le notizie.
È intervenuto il dottor Armando Spataro, già procuratore della Repubblica a Torino e già procuratore aggiunto a Milano, ricordando un particolare episodio vissuto da giovane magistrato: allora stava conducendo indagini per l’arresto del brigatista Mario Moretti, arrestato a Milano il 4 aprile 1981, e che divulgò la notizia soltanto dopo l’autorizzazione, avvenuta con una telefonata diretta, dell’allora ministro dell’Interno Virginio Rognoni. Armando Spataro ha inoltre riferito che è molto importante il lavoro di collaborazione tra magistrati e psicologi e ha concluso la sua riflessione riferendo che la Magistratura nonostante tutto in quel periodo non ha mai leso i diritti della persona terrorista.
È seguito l’intervento di Camillo Regalia, professore ordinario di Psicologia sociale, parlando di “Ferite aperte e benessere sociale: effetti intergenerazionali degli Anni di Piombo”.
La seconda tavola rotonda è stata aperta dalla testimonianze di figli delle vittime di terrorismo introdotte dall’avvocata Cristina Faravelli.
Il magistrato Alessandra Galli, figlia del docente e magistrato Guido Galli, assassinato dal commando di Prima Linea presso l’Università Statale, ha riferito della esperienza personale e familiare e delle difficoltà anche a parlare della vicenda che aveva colpito la sua famiglia e che oggi bisogna fare memoria: lei adesso lo fa portando la sua testimonianza nelle scuole.
Nello stesso modo si è espresso Alberto Di Cataldo, dirigente amministrativo, figlio del maresciallo maggiore Francesco Di Cataldo agente di custodia del Carcere di San Vittore (nell’ottobre 2017 la casa circondariale di San Vittore è stata intitolata a suo padre) ucciso dalle Brigate Rosse.
Debora Bornazzini figlia di Domenico Bornazzini assassinato il 1° dicembre 1978, all’uscita da un bar di via Adige, a Milano, lei allora aveva solo sette anni, ha riferito del suo percorso di vita che dopo molti anni è riuscita a cambiare e trasformare la sua sofferenza grazie al sostegno del marito riuscendo a liberarsi dal rancore e dal dolore che aveva e oggi fa testimonianza per non dimenticare.
L’ultimo intervento è stato quello di Matteo Dendena, vice presidente dell’Associazione Piazza Fontana 1969, nipote di Pietro Dendena, una delle vittime della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, anche lui ha fato una riflessione di quella particolare strage, dove ancora oggi non ci sono colpevoli: lui oggi porta la sua testimonianza nelle scuole ed è stato relatore anche a un convegno al Parlamento Europeo.
Il seminario è stato terminato dall’intervento di Giovanna Leone, professore ordinario di Psicologia Sociale dell’Università la Sapienza di Roma che ha anche ricordato la vicenda dell’assassinio di Vittorio Bachelet.